Ed eccoli lì, ancora una volta, tutti riuniti nella Sala di Chirurgia: il Presidente, il medico, il chirurgo capo, l’anestesista, gli infermieri e altri assistenti medici vari, tutti ben disinfettati, in camice e mascherina, nel bagliore dell’impianto di illuminazione, le bolle asettiche sono state sigillate, i filtri e le pompe pompano e filtrano, i computer emettono lucine rosse, verdi, gialle come in un’allegra scenografia teatrale, la nuova sezione di aorta (era di Buckmaster?) se ne sta in attesa nel suo contenitore, fresca e sana, pronta a essere installata nell’addome di Gengis Mao.
Warhaftig, sicuro di sé, sereno, si prepara ad aprire ancora una volta il corpo minuto, sottile di Gengis Mao.
— Pressione? — domanda.
— Normale — dice Shadrach.
— Respirazione?
— Normale.
— Piastrine?
— Normali. Normali. Tutto normale.
Shadrach sa bene che se Gengis Mao dovesse morire sotto i ferri, non ci sarebbe nessun Progetto Avatar a minacciarlo: nessuno dei tre progetti è ancora pronto per essere utilizzato, e se il Khan non sopravvive al trapianto, questa sarà la sua fine, senza speranza di reincarnazione; forse anche la fine del Comitato Rivoluzionario Permanente, tutta la fragile società della depolarizzazione centripeta si polarizzerebbe e si centrifugherebbe verso il caos nell’istante in cui la figura leggendaria di Gengis Mao sparisse dalla scena. Non sarebbe difficile riuscirci. Urtando il gomito di Warhaftig, magari, proprio mentre lui sta manovrando il laser chirurgico nelle viscere del Presidente; scusandosi umilmente subito dopo, ma ormai il danno sarebbe fatto. Oppure, in maniera più sottile, potrebbe fuorviare l’équipe operatoria con informazioni sbagliate, falsando le sue rilevazioni dall’interno di Gengis Mao: loro si fidano del dottor Mordecai, seguiranno i suoi dati senza preoccuparsi di confrontarli con le cifre sulle sonde e sui misuratori, e probabilmente lui riuscirebbe a causare un danno irreversibile al Presidente, una carenza fatale di ossigeno, roba del genere, prima che Warhaftig fosse in grado di rendersene conto. E poi le scuse, non riesco proprio a
L’operazione procede sul velluto. Un taglietto, ed ecco che se ne esce la sezione malandata dell’aorta di Gengis Mao. Due cuciture, e si innesta il pezzo di ricambio. Macchine cuore-polmone mantengono la circolazione al ritmo giusto. Il Khan osserva tutto, cosciente, con gli occhietti vivaci, annuendo tra sé e sé di quando in quando nei momenti in cui Warhaftig esegue delle veroniche, degli