Che è esattamente quando Nikki Crowfoot ha cominciato a cercare scuse per non vederlo, riflette Shadrach. Si ricorda di quando si è svegliato in questa stessa stanza, la stanza di Katya, la notte dell’escursione al sogno di morte, e l’ha trovata in lacrime al suo fianco, a letto; lei aveva detto di avere paura per lui, senza spiegarsi più chiaramente. Già. E si ricorda le farneticazioni di Gengis Mao che lo voleva nominare papa, re d’Inghilterra… Cosa significava tutto ciò? Una versione mascherata e fuorviante della nomina vera? Si ricorda anche, e il ricordo lo raggela, di quando è accorso senza camicia alla camera da letto di Gengis Mao non appena si era diffusa la notizia della morte di Mangu; si ricorda di aver visto il Khan studiargli il torso nudo con interesse, con ammirazione. Gengis Mao aveva detto: “Lei gode di un’ottima salute, Shadrach, a quanto pare”. Sì. Stava già dandosi da fare per trovare un corpo nuovo, pochi minuti dopo aver appreso della morte di Mangu?
Pensa a Buckmaster, alle parole che strillava: “Finirai nella fornace, Shadrach, nella fornace, nella dannata fornace!”.
No. No. No.
— Non riesco a crederci — dice.
— Comincia a imparare come farlo.
— Non ha senso. Non riesco letteralmente ad afferrare il significato di tutto questo.
— Hai paura, Shadrach?
— No. Per niente. — Stende le mani. Immobili. Immobili come quelle di Warhaftig. — Vedi? Sono assolutamente tranquillo. Non ho emozioni. Tutto questo non mi tocca. È irreale.
— Non lo è, Shadrach.
— Nikki lo sa?
— Naturalmente sì.
— Non è stata lei a scegliermi, vero?
— Ti ha scelto Gengis Mao.
— Sì. Questo mi torna. Già. — Ride. — Hai notato che sto cominciando a parlare come se ci credessi? Come se lo accettassi, a qualche livello?
— Cosa intendi fare, Shadrach?
— Fare? Fare? Cosa dovrei fare? Dovrei fare come Mangu?
— Tu non sei Mangu.
— No — replica lui. — Se anche fossi certo, se anche venissero da me con un papiro firmato da Gengis Mao che mi nomina donatore per Avatar, non sceglierei la soluzione di Mangu. Non ho tendenze suicide, al contrario. Forse verrà più tardi, Katya. Prima devo provare qualche emozione. Per ora non provo niente. Non mi sento tradito, non mi sento in pericolo, credo di non sentirmi nemmeno sorpreso.
— È possibile che l’idea di diventare il donatore per Avatar ti tenti?
— Io voglio essere il dottor Shadrach Mordecai. Voglio continuare a essere lui per molto tempo ancora.
— Allora preoccupati solo che Gengis Mao resti in buona salute. Finché il suo corpo funziona, non avrà bisogno del tuo. Nel frattempo, spetterà a me far sì che Avatar diventi semplicemente superfluo, portando Talos alla perfezione in tempi brevi. Sai, dopotutto Gengis Mao potrebbe anche preferire l’idea di Talos. Credo che si adatti bene al suo tipo particolare di paranoia l’idea di essere riversato in una macchina, una macchina perfetta ed eterna. In fondo, perfino il tuo bellissimo corpo è destinato a deperire e a corrompersi. Lui questo lo sa. Sa che dentro di te potrebbe avere venti o trent’anni da vivere bene, e poi si ritroverà al punto di prima, trapianti d’organi, farmaci, sequenze di operazioni, mentre il simulacro di Talos gli risparmierebbe tutto questo. Per cui Avatar per lui è soltanto un piano provvisorio, ridondanza, qualcosa che spera di non essere costretto a utilizzare. È per questo che può scegliere come donatori persone a cui attribuisce grande valore… Mangu, te; una specie di onore, in qualche modo, la benedizione del Khan, tutt’altro che il rischio che potrebbe sembrare. Ho cercato di dire questo anche a Mangu, di dirgli che Avatar non sarebbe stato necessariamente attivato, ma lui…
— Perché me ne hai parlato, Katya?
— Per lo stesso motivo per cui ne ho parlato a Mangu.
— Per contribuire a distruggere Avatar?
Gli occhi le lampeggiano, il vecchio fuoco di Lindman. — Non fare il bastardo. Credi che voglia vederti saltare da una finestra come lui?
— A cosa serviva parlarmene?
— Voglio che tu stia in guardia, Shadrach. Voglio che tu sappia in che pericolo ti trovi. Finché rimarrà anche solo una minima possibilità che si debba ricorrere ad Avatar, tu…
— Ma che importanza ha tutto questo per te? Problemi di coscienza? Non ti piace frequentare uomini che sono segretamente destinati all’eliminazione?
— Anche questo conta — dice Katya con calma. — Odio vivere nella menzogna.
— E poi?
— Ti amo.
Shadrach la fissa con occhi vitrei. — Che cosa?
— Non ne sono capace? Sono solo buona a costruire automi, è così? Non ho emozioni?
— Non volevo dire questo. Ma… sembravi così fredda, tutto il tempo, così professionale, così concreta… Anche quando… — Fa una pausa, poi decide di terminare la frase. — Anche quando facevamo del sesso. Non ho mai sentito del calore emotivo da parte tua; solo… be’… passione fisica.
— Tu eri di Nikki. Se mi legavo troppo a te, avrei solo sofferto. Tu non mi volevi, se non per un salto a Karakorum ogni tanto, per una scopata senza impegno.
— E adesso?