Shadrach se ne va con il tratto di aorta che è stato tolto al Khan. Dice a Warhaftig, non che a Warhaftig importi qualcosa, che intende sottoporlo a degli esperimenti; ma cosa potrebbero dirgli degli esperimenti fatti su questo pezzo sbrindellato di tessuto, su questo tubicino disfatto, che lui non sappia già? Lo vuole perché è un pezzo autentico del corpo di Gengis II Mao IV Khan, e Shadrach ha lo spirito del collezionista: questo diventerà un fiore all’occhiello del suo piccolo museo di curiosità mediche. Una reliquia di uno dei pazienti più famosi della storia. Shadrach conosce un aneddoto, probabilmente apocrifo, che racconta come il medico che eseguì l’autopsia sul corpo di Napoleone avesse rimosso il pene imperiale e l’avesse tenuto come souvenir dell’Imperatore, lasciandolo in eredità a un collega che infine lo vendette a un prezzo altissimo, e così via, passando da una collezione medica all’altra, finché non sparì del tutto nel trambusto di qualche guerra del ventesimo secolo. Storie del genere, Shadrach lo sa, sono state raccontate a proposito di pezzi vari del corpo di Hitler, Stalin, George Washington, Caterina di Russia. A Shadrach dispiace di aver raggiunto la sua posizione troppo tardi per raccogliere qualcuno degli organi davvero significativi di Gengis Mao: un rene, per esempio, o un polmone, il fegato, il pancreas; ma erano tutti spariti già molto prima che Shadrach arrivasse sulla scena, gli organi naturali del corpo del Khan, rimossi e sostituiti, in certi casi più di una volta, con organi trapiantati. Shadrach non trova che abbia molto senso conservare nella sua collezione il quarto fegato di Gengis Mao, o l’ottava milza, o il tredicesimo rene; sebbene riconosca che questi inquilini temporanei del Khan sono oggetti personali di Gengis Mao più intimi delle sue pantofole, per esempio, o del suo orologio da polso. Ma preferisce il somatoplasma genuino, e un pezzo di aorta autentica è il meglio che possa trovare in questo momento.
C’è l’aneurisma, grosso e maturo, pronto a scoppiare. Ancora qualche giorno e avrebbe potuto cedere,
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Da solo nello studio, a rimuginare sui suoi tesori medici, i suoi libri e gli antichi strumenti e ora questo pezzettino di aorta sotto vetro, Shadrach si sente al sicuro; questa è una comoda trincea. Quel problemino con Avatar si risolverà da solo. Il Khan, dopo tutto, ha uno spirito conservatore: si terrà ben stretto il suo corpo mongolo, la beneamata, solida carcassa rattoppata, finché potrà, nonostante le tentazioni di saltare nella struttura forte, giovane, vitale di Shadrach. Dunque non ci saranno uscite di scena precipitose per Shadrach, e nei mesi, forse anni, che si trova davanti, lui potrà cercare di distogliere completamente le fantasie del Khan dal Progetto Avatar, a favore del Progetto Talos. Questo significherà la fine delle ricerche di Nikki Crowfoot, ma Shadrach, tutto considerato, non si può sentire troppo in colpa per questo.
Concede all’aorta un posto d’onore sugli scaffali. Tra qualche secolo potrebbe essere un oggetto sacro, accolto in un reliquiario d’avorio e platino, e la folla di fedeli canterà grazie al santo Shadrach Mordecai, che salvò per la posterità questo brandello di carne divina. Chi può dirlo? Circola una storia apocrifa: molti degli organi originari di Gengis Mao sarebbero conservati in cunicoli labirintici e segreti, immagazzinati sotto freddo intenso o forse