— Quando è stato deciso?
— Il giorno che hanno mandato Buckmaster al vivaio di organi.
— Hai contribuito in qualche modo alla scelta di me come donatore?
— Credi che avrei potuto farlo, Shadrach?
Lui risponde: — Una cosa che ho imparato molto tempo fa è che le persone colpevoli tendono a rispondere a una domanda difficile con un’altra domanda.
Ma lei non sembra ferita da questo attacco, e immediatamente Shadrach si pente delle sue parole. Nikki è una donna forte, assolutamente calma ora che lui l’ha smascherata, e con voce tranquilla dice: — Gengis Mao ti ha scelto da solo. Io non sono stata consultata.
— Benissimo.
— Potresti anche credermi.
Shadrach annuisce. — Ti credo.
— Dunque?
— Quando hai saputo che toccava a me, hai cercato di fargli cambiare idea in qualche modo?
— Qualcuno ha mai fatto cambiare idea su qualcosa a Gengis Mao?
— Hai notato come rispondi a una mia domanda con una domanda tua?
Questa volta il diretto va a segno. Nikki perde un po’ di quell’aria imperturbabile che aveva ricuperato da poco. Gli occhi scivolano via da quelli di Shadrach, e la voce prende un tono vacuo: — Va bene. Va bene. No, non ho provato a discutere con lui.
Shadrach resta in silenzio per un istante. Poi dice: — Pensavo di conoscerti abbastanza bene, Nikki, ma mi sbagliavo.
— Cosa vuoi dire?
— Pensavo che tu fossi il tipo di persona che vede gli esseri umani come dei fini, non come dei mezzi. Non credevo che avresti permesso che un… un tuo amico intimo… venisse destinato alla demolizione senza muovere un dito per salvarlo, senza dirgli nemmeno una parola al riguardo, senza fare qualcosa per metterlo in guardia. Invece hai cominciato a evitarlo, addirittura. Come se l’avessi cancellato, una non-persona dal momento stesso in cui è stato scelto. Come se avessi avuto paura che la sua sfortuna potesse essere contagiosa.
— Perché mi fai una predica, Shadrach?
— Perché sto soffrendo — dice lui. — Perché una persona che amavo mi ha tradito. Perché non riesco a costringermi a farti male, a vendicarmi di te in qualche modo concreto.
— Cos’avresti voluto che facessi? — chiede Nikki.
— La cosa giusta.
— Che era?
— Avresti potuto opporti a Gengis Mao. Avresti potuto dirgli che non avevi intenzione di partecipare al massacro del tuo amante. Avresti potuto fargli sapere che tra noi c’era qualcosa, che non eri in grado di… oh, Cristo, Nikki, non dovrei essere io a spiegarti tutto questo!
— Sono certa che Gengis Mao era al corrente della nostra relazione.
— E ha scelto me apposta, tanto per mettere alla prova la tua lealtà? Per scoprire come avresti reagito, dovendo scegliere tra il tuo amante e il tuo laboratorio? Uno dei suoi giochini psicologici?
Nikki scrolla le spalle. — È tutt’altro che inconcepibile.
— Forse hai fatto la scelta sbagliata, allora. Magari stava mettendo alla prova la tua umanità di fondo, piuttosto che la tua lealtà a Gengis Mao. E ora che sa come sei fredda, insensibile, priva di un’anima, potrebbe decidere che non vuole correre il rischio di avere una persona come te a capo di…
— Basta, Shadrach. — Sta cedendo terreno davanti a quest’assalto inflessibile, a questa voce calma, misurata, sicura; le tremano le labbra, sta chiaramente trattenendo le lacrime a stento. — Ti prego — dice. — Basta. Basta. Hai ottenuto quello che volevi.
— Mi trovi poco gentile? Trovi che non dovrei essere arrabbiato con te?
— Non c’era niente che potessi fare.
— Niente?
— Niente.
— Minacciare le dimissioni, per esempio?
— Le avrebbe accettate senza battere ciglio. Non sono indispensabile. La ridondanza è…
— E chi ti avesse sostituito avrebbe continuato il progetto, usando me come donatore.
— Immagino di sì.
— Però, anche se non cambiava niente, non ti saresti sentita meglio se avessi cercato di opporti in qualche modo?
— Forse. Ma non sarebbe cambiato niente.
— Avresti almeno potuto avvertirmi. Sarei potuto fuggire da Ulan Bator. Saremmo potuti fuggire insieme, se tu avessi avuto dei problemi con Gengis Mao per via delle tue dimissioni. Ma d’altronde non valeva la pena di rovinarti la carriera per me, no?
— Fuggire? E dove? Ci avrebbe seguito come voleva. Col Vettore di Sorveglianza Uno, o con qualche altro giocattolo spia. Dopo uno o due giorni avrebbe deciso che la vacanza era durata abbastanza, e i Citpol ci avrebbero pescato e ci avrebbero riportato a casa.
— Forse.
— Non forse. E io sarei finita al vivaio. E tu saresti rimasto il donatore per Avatar.
Shadrach riflette su questo scenario. — Mi stai dicendo che non sarebbe cambiato niente, che tu mi avessi avvertito o no?
— Non per te — replica Nikki. — Sarebbe cambiato qualcosa per me. In uno dei casi ci rimetto il lavoro, e magari la pelle. Nell’altro caso riesco a campare un pochino di più.
— Vorrei sempre che fossi stata tu a dirmelo.
— Invece di Katya?
— Quando avrei detto che è stata Katya?
Nikki sorride. — Non c’era bisogno che lo dicessi, caro.