Improvvisamente, Shadrach smette di trovare divertente questo gioco. Non c’è più divertimento in questi esercizi di identificazione ironica, in questi esperimenti di prospettiva psicologica. La distanza tra lui e quel che si è trastullato a inventare si è bruscamente ridotta, e all’improvviso tutto è molto doloroso, è un’incisione troppo vicina al nervo, fa male, fa male con un’intensità agghiacciante. Negli ultimi dieci minuti è riuscito a far scoppiare quel suo involucro di equanimità impassibile, e ora non si sta semplicemente agitando, sta sanguinando. Lo assalgono il dolore, la paura, la rabbia. Sente che tutti hanno preso parte alla congiura per tradirlo. Lui, Shadrach Mordecai, simpatico, cortese, bello, umano, laborioso, non è che l’ennesimo negro sacrificabile, a quanto pare. Se quel che gli ha detto Katya è vero. Se. Se. Shadrach è in preda all’angoscia. Questa, qui, ora, è la fornace, e lui c’è dentro di sicuro. L’ombra pesante di Gengis Mao grava su di lui. Un giorno verranno a prenderlo, gli attaccheranno gli elettrodi, gli spazzeranno via l’anima, unica e insostituibile, e subito dopo gli inietteranno nel cranio quel vecchio mongolo astuto. Sarà davvero così? Sì, sostiene Katya. E lui, può credere a una cosa del genere? Dovrebbe crederci? Trema. Il terrore lo percorre, lo frusta come una ventata gelida. Vorrebbe tanto un po’ di tranquillità: potrebbe prendere una dose del calmante di Gengis Mao, una dose abbondante di 9-pardenon o magari qualcosa di più forte ancora. Ma Shadrach non ama drogarsi nei momenti di crisi. In questo momento ha bisogno di tutto il suo ingegno.
Che fare?
Il primo passo è quello che, lo sa bene, avrebbe dovuto fare già ieri. Andrà di nuovo a trovare Nikki Crowfoot. E le farà alcune domande.
17
Ha l’aspetto pallido e malato, mostra ancora tracce del malessere di ieri, ma si sta riprendendo, decisamente. Pare sapere perché Shadrach è venuto da lei, e gli bastano poche dure parole per avere da lei la risposta che sperava di non avere. Sì, è vero. Sì. Sì. Shadrach aspetta per un po’ prima che la confessione esitante, piena di giri di parole e di reticenze, si concluda; poi dice, con tono calmo, carico di rimprovero: — Avresti potuto dirmelo prima. — La sta fissando dritto negli occhi, e questa volta, finalmente, lei gli restituisce lo sguardo: ora che tra loro tutto è sul tavolo, ora che lei ha ammesso la mostruosa verità, può tornare a guardarlo negli occhi. — Avresti potuto dirmelo — dice lui. — Perché non me l’hai detto, Nikki?
— Non potevo. Non era possibile.
— Non era possibile? Non era possibile? Certo che era possibile. Tutto quel che dovevi fare era aprire la bocca e lasciare che le parole se ne venissero fuori. “Shadrach, credo che dovrei avvertirti che…”
— Basta — dice Nikki. — Non mi sembrava così facile.