Shadrach è più interessante. Elegante, arguto, un bel corpo forte, una mente fresca, sveglia. È bello guardarlo. La pelle nera. Non ho mai visto un nero prima dei quarant’anni, quando una delegazione della Guinea ha fatto visita al mio dipartimento. Quelle facce lucide, quasi violacee, quei capelli densi e intrecciati, quelle vesti tribali. Occhi di un bianco abbagliante, le palme delle mani bianche, come dei gorilla, voci profonde; strani, strani. Parlavano francese. Shadrach non è come quegli africani, se non per quell’intelligenza attenta, seria, che hanno in comune. È bruno, non nero; molto alto, molto americano, non fa proprio pensare alla giungla. A volte con me si produce in lezioni, come se fossi un ragazzino, un bambino birichino. Si preoccupa sempre della mia salute. Coscienzioso, ecco cos’è, laborioso, con la dedizione tipica di certi giovani. È troppo sano di mente per stare qui tra noi. Gli manca… che cosa? La cupezza, posso dire una cosa del genere a proposito di lui? Sì. È la cupezza interiore che gli fa difetto: in lui non ci sono demoni. O lo sto sottovalutando? Ci devono essere demoni dentro chiunque, perfino dentro a quell’automa di Warhaftig, perfino dentro al tranquillo, spensierato Shadrach Mordecai. È molto giovane. Questo mi piace. Ha almeno cinquant’anni meno di me, eppure siamo dei contemporanei, siamo tutti e due uomini del presente; tutti e due sconosciuti fino a non molto tempo fa, anche se io ho atteso così a lungo per diventare quello che sono, e lui è diventato se stesso così giovane. Sa sorridere bene. In lui non c’è ancora traccia di cinismo. Ha vissuto la Guerra Virale e tutte le brutture che l’hanno seguita, ma è tranquillo, ha fiducia nel futuro, pensa solo a curare i suoi simili. Curerebbe perfino quelli che hanno messo in schiavitù i suoi antenati. Mentre io mi vendicherei mille volte con i miei oppressori; ma d’altronde, io sono di sangue tataro, e noi siamo fieri, feroci, siamo dei lupi del Gobi, mentre lui è figlio di placidi coltivatori della giungla. Tutte le mattine si reca al Vettore di Sorveglianza Uno, e osserva la gente che marcisce di qua e di là per il mondo. Crede che non lo sappia. Mentre osserva, io osservo lui. Il suo volto magro e morbido, i suoi occhi tristi e intelligenti. È così addolorato per quelli che stanno marcendo dentro. Un uomo compassionevole. Come un bambino. Non è un santo, ma ha la stoffa del martire.
23 gennaio 2012