No. Cambiare i dettagli è futile. Il suo nome originario potrebbe essere Choijamste, Gombojab, Ochirbal, uno qualunque va bene; e potrebbe essere nato nel 1925, nel 1920, nel 1915, perfino nel 1910; potrebbe aver fatto carriera nel ministero della Difesa, nell’Agenzia per la Redistribuzione Agraria, nel commissariato alle Telecomunicazioni; mettici tutti i dettagli che vuoi, a mo’ di decorazione: non farà la minima differenza. I lineamenti essenziali dell’animo di Gengis Mao sono in profondità, sono marcati, e sono loro il tuo argomento, Shadrach, le sue impressioni, la sua visione del mondo. Non i dettagli insignificanti del quando e del dove.
14 maggio 2012
Il trapianto di fegato si è concluso solo due ore fa, ed ecco qua Gengis Mao, vecchio e rugoso, ma ancora vivo, eccome; è ben sveglio, pieno d’energia, attento. Sono orgoglioso di lui. La sua irrefrenabile vitalità. La sua insopportabile capacità di assorbire tutto. Onore a te, Gengis Mao! Ah! Sento un dolore all’addome, ma non è niente di cui lamentarsi. Il dolore è il segno che siamo vivi, che proviamo sensazioni, che reagiamo agli stimoli. La pesantezza che mi aveva colto quando il vecchio fegato aveva cominciato a funzionare male se ne sta già andando. Sento che il mio sistema si sta ripulendo. È come se fluttuassi per aria, due metri sopra questo letto. Galleggio sopra tutto il bellissimo macchinario che pompa liquidi benefici nel mio guscio mortale. Com’è bello il dolore! Quella pulsazione insistente, in basso, sul fianco… bom, bom, bom, una campana che suona all’interno del vecchio Gengis Mao, lo incita a vivere una lunga vita. Diecimila anni all’Imperatore! I miei abilissimi medici trionfano ancora una volta. Warhaftig, Mordecai.
I miei medici. Warhaftig non è che una macchina. Mi annoia, ma è perfetto. Adoro guardare le sue mani sparire dentro al buco nella mia pancia. Riemergere tenendo stretto un grumo rosso e inerte, gonfio di malattia: gettarlo da parte, ricucire al suo posto un organo nuovo. Warhaftig non sbaglia mai. È brutto però, con quel naso piatto, quelle labbra girate all’ingiù. Pelle bianca malata, morta. Un genio, ma brutto e noioso, nient’altro che una macchina. È mai stato giovane, Warhaftig? Si è mai accovacciato dietro a un cespuglio, a spiare donne nude fare il bagno in un torrente? Non lui. Oh, no, non lui. Ridere, rotolarsi nell’erba? Warhaftig? Mai.