— Ma in ogni caso, ci sono occhi-spia in ogni angolo, strumenti di registrazione… alcuni li hai progettati tu stesso, Buckmaster.
— Non mi importa. Che mi senta.
— Così, adesso sei un rivoluzionario?
— Ho aperto gli occhi. Ho avuto una rivelazione, dentro a quella tenda. Colpa, responsabilità, male…
— Credi che il mondo starebbe meglio se Gengis Mao fosse morto?
Buckmaster grida con forza: — Sì! Sì! Sta prosciugando la vita da tutti noi, in modo da vivere per sempre. Ha trasformato il mondo in un manicomio, in un dannato zoo! Lo sai, Mordecai, potremmo ricostruire, potremmo distribuire l’Antidoto e guarire il mondo intero, non solo i pochi privilegiati, potremmo tornare a quel che avevamo prima della Guerra, ma no, no, siamo governati da un dannato khan mongolo, ma è mai possibile? Un khan mongolo di cent’anni che vuole vivere in eterno! E se non fosse per te sarebbe morto cinque anni fa.
Shadrach capisce dove vuole arrivare Buckmaster, e si porta le mani alle tempie, sgomento. Più che mai, vuole disperatamente fuggire da quella conversazione. Buckmaster è uno stupido, e il suo attacco è facile e ovvio. Shadrach ha pensato a tutto questo, molto tempo fa, ha considerato i problemi morali, e li ha superati.
Quando si accorge che Nikki Crowfoot è uscita dalla tenda dei transtemporalisti e lo aspetta appena di lato, in piedi con le mani sui fianchi, dice a Buckmaster: — Scusami. Adesso devo andare.
Nikki pare trasfigurata. I suoi occhi sono lucidi, il volto è madido di sudore estatico, il suo intero corpo pare risplendere. Quando Shadrach le si avvicina, gli fa un semplice cenno con la testa, è ancora lontana, persa nella sua allucinazione.
— Andiamo — dice lui — Buckmaster è un po’ pazzo stasera e si sta rendendo antipatico.
Tende la mano per afferrare quella di lei.
— Aspetta! — strilla Buckmaster, correndo verso di loro. — Non ho finito con te. Ho dell’altro da dirti, nero bastardo!
Mordecai alza le spalle e dice: — Va bene. Hai ancora un minuto. Cosa desideri che faccia, esattamente?
— Smetti di curarlo.
— Sono un medico, Buckmaster. È il mio paziente.
— Precisamente. Ed è per questo che sei un bastardo e che sei colpevole. Ci sono miliardi di persone da curare nel mondo, e tu scegli di occuparti di
— Qualcun altro lo farebbe se non lo facessi io — replica dolce Shadrach.
— Però lo fai tu. Lo fai
Attonito, sconcertato dalla violenza e dall’insistenza dell’attacco di Buckmaster, Shadrach dice: — Responsabile di cosa?
— Dello stato in cui si trova il mondo. Tutto questo dannato sfacelo. La minaccia continua della decomposizione organica generalizzata, vent’anni dopo la Guerra Virale. La fame, la miseria. Oh, non provi nessuna vergogna, Mordecai? Tu, con le tue gambe piene di congegni che ti aggiornano su ogni minima variazione della sua pressione, così che puoi correre da lui ancora più velocemente?
Shadrach lancia uno sguardo a Nikki, appellandosi a lei nella speranza di aiuto. Ma lei ha ancora quell’espressione distante; non pare assolutamente consapevole della presenza di Buckmaster.
Mordecai domanda con rabbia: — Chi ha progettato quei congegni, Roger?
Buckmaster pare indietreggiare. È stato colpito là dove fa male. Le sue guance s’infiammano; gli occhi luccicano di lacrime furiose. — Io! Sono stato io! Razza di bastardo, lo ammetto, sono stato io a costruire i tuoi sporchi impianti. Credi che non sappia che sono colpevole anch’io? Credi che non lo capisca adesso? Ma io me ne sto tirando fuori. Non sarò più responsabile.
— È suicida, quello che stai facendo — Shadrach Mordecai indica delle figure avvolte nell’ombra alle estremità del sentiero, alti funzionari che indugiano nell’oscurità, scarsamente desiderosi di entrare nel raggio di eventuali occhi-spia mentre si godono il gustoso spettacolo del folle sfogo di Buckmaster. — Domattina ci sarà un rapporto su tutto questo sulla scrivania del Presidente, Roger, con ogni probabilità. Ti stai distruggendo con le tue mani.