Читаем Shadrach nella fornace полностью

È stanco di Karakorum dopo il suo incontro con Buckmaster, e ora si rende conto di come tutta questa storia l’abbia prosciugato del suo vigore e gli abbia spento l’animo; se potesse se ne andrebbe dritto al treno sotterraneo e si lascerebbe portare a Ulan Bator e alla sua amaca e, finalmente, a una notte di profondo sonno ristoratore. Ma Crowfoot, in preda a una bizzarra esultanza, è ormai preda di una lussuria insistente, e lui non si sente abbastanza in forze da affrontare la delusione che le recherebbe rifiutandosi ora. Tenendosi sottobraccio, dunque, si dirigono verso l’ostello degli amanti, all’estremo settentrionale dei campi di divertimento, una cupola geodetica dalla brillante superficie verde e arancione; con una lieve pressione del pollice sulla piastrina di credito, Shadrach affitta una camera per tre ore.

Non è un granché come camera. Letto, comodino, portabiti, si trova all’interno di un piccolo segmento dell’ampia cupola in cui il soffitto è digradante; le pareti sono ricoperte di un fastidioso intonaco granulare viola-bluastro; ma un posto così può bastare. Può bastare. Nikki lancia lontano la veste di merletto dorato che è il suo unico indumento, e dal suo corpo nudo, a quattro metri di distanza nella stanza, si irradia una tale corrente di energia seduttiva, un tale flusso di forza che oscilla crepitando su e giù per l’intero spettro elettroerotico, che la stanchezza di Shadrach è spazzata via, il Cotopaxi e Buckmaster si ritrovano confinati nella storia antica, e lui balza gioioso verso di lei. La bocca cerca la bocca, le mani si levano verso il seno. Lei lo abbraccia, poi scatta via, offrendo prudentemente il fianco destro al contraccettrone che sta di fianco al comodino: preme l’interruttore, riceve il bagno benevolo di radiazione dolce sterilizzante, e torna verso di lui. Il simbolo non-fert tatuato sulla sua anca brunita, una stella a nove punte, risplende di un brillante verdino dalla fluorescenza lieve, dicendole che l’irradiazione ha funzionato. Lei lo spoglia, e batte le mani soddisfatta alla vista della sua rigida virilità. Non è con Giovanna d’Arco che Shadrach sta per andare a letto, no; forse con una guerriera, ma non con una vergine.

Rotolano verso il letto. Con mani abili quasi quanto quelle di Warhaftig, il chirurgo, Shadrach comincia i preliminari abituali, ma lei gli fa capire con un rapido, silenzioso scatto delle spalle che può saltare quel passaggio e pensare direttamente all’atto principale; e lui penetra la stretta insenatura nascosta tra le cosce di lei con una spinta improvvisa e generosa che strappa gemiti di piacere a ciascuno dei due. Ci sono cose che non cambiano mai. C’è un uomo, a meno di quattrocento chilometri più a Oriente, che ha già avuto finora quattro fegati e sette reni, e in una tenda a poche centinaia di metri dal suo letto vendono una droga che permette di assistere al tradimento del Salvatore, e c’è una macchina a Ulan Bator che mostra immagini intermittenti e istantanee praticamente di tutto ciò che accade al mondo, e ogni singola cosa di queste sarebbe stata considerata un miracolo solo due generazioni fa, ma nonostante ciò in questo mondo del 2012, infestato di miracoli, non ci sono stati progressi tecnologici significativi per l’atto d’amore. Oh, ci sono ingegnose droghe che pare moltiplichino l’intensità delle sensazioni, e ci sono sistemi elaborati per sopprimere la fertilità, e ci sono alcuni altri trucchetti biomeccanici che i più sofisticati amano talvolta utilizzare, ma tutte queste cose sono semplici versioni aggiornate di equipaggiamento periferico che si usa fin dai tempi del Medio Evo. L’operazione di base non è ancora stata digitalizzata o miniaturizzata o randomizzata o futurizzata in qualche altro modo, rimane quella che era ai tempi degli australopitecini e dei pitecantropoidi; vale a dire, qualcosa che fanno delle semplici persone nude, premendosi quegli umili corpi, nati in modo naturale, l’uno contro l’altro.

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