Mordecai, che pure conosce Buckmaster molto alla lontana e in questo momento è particolarmente poco attratto dall’idea di una conversazione con lui, sa fin troppo bene quanto possano essere impegnativi i primi momenti di confusione di chi è appena uscito dalla tenda, e si sente solidale. Sente il dovere di affrontare lo sguardo traballante di Buckmaster con qualche gesto cortese; sorride e saluta, pensando che l’altro si ritirerà ora nel suo stato confusionale di stanche meditazioni.
Ma Buckmaster sbatte gli occhi e lo fissa aggressivo. — È il nero bastardo! — dice. La sua voce è ferma, scandita, acuta, tutt’altro che amichevole. — Il nero bastardo in persona!
— Nero bastardo? — Mordecai ripete perplesso, facendo il verso al forte accento inglese dell’altro. — Nero bastardo? Amico, mi hai chiamato…
— Bastardo. Nero.
— Mi era sembrato di aver sentito così.
— Nero bastardo. Cattivo come l’asso di picche.
Questo è ridicolo. — Roger, ti senti bene?
— Cattivo. Nero e cattivo.
— Sì, ho sentito — dice Shadrach. Nel lato sinistro del cranio, qualcosa comincia a pulsargli fastidiosamente. Si è pentito di non aver ignorato la presenza di Buckmaster; vorrebbe che Buckmaster sparisse nel nulla. L’insulto razzista gli sembra più grottesco che offensivo, perché non ha mai avuto motivo di sentirsi a disagio per il colore della propria pelle; ma è confuso dall’aggressione gratuita, e rimane troppo profondamente coinvolto nei postumi della sua potente esperienza transtemporale per aver voglia di qualunque interazione con un pagliaccio truculento come Buckmaster, non adesso, soprattutto non adesso. Forse la cosa giusta da fare è ignorarlo. Shadrach incrocia le braccia e indietreggia fino ad appoggiarsi contro un lampione.
Ma Buckmaster viola il silenzio di Shadrach e insiste: — Non ti senti sopraffatto dalla vergogna, Mordecai?
— Senti, Roger…
— Sommerso dal senso di colpa per ogni atto infame della tua vita da traditore?
— Adesso
— Quello che danno a tutti. Solo la droga, la droga, quella droga temporale, qualunque cosa sia. Credi che mi abbiano rifilato hashish? Credi che sia ubriaco di whisky? No, no, semplicemente la droga temporale, e mi ha aperto gli occhi, lascia che te lo dica, me li ha spalancati! — Buckmaster avanza fino a trovarsi a meno di trenta centimetri da Shadrach Mordecai, fissandolo con odio, urlando. Il dolore nel cranio di Shadrach è come di un chiodo che venga martellato dentro in profondità. — Ho visto Giuda tradirLo! — ruggisce Buckmaster, — Ero lì, a Gerusalemme, alla Cena, li ho visti mangiare. In tredici a tavola, eh? Ho versato il vino con queste mani, diavolo nero, ho visto quel sorriso soddisfatto di Giuda, l’ho visto sussurrarGli nell’orecchio, anche, e poi fuori, in giardino, lo sai. Getsemani, là nel buio…
— Non vorresti un tranquillante, Roger?
— Sta’ lontano da me, con le tue sporche pillole!
— Ti stai sovreccitando. Dovresti cercare di calmarti un attimo.
— Sentitelo, cerca di curarmi. Curare
— Magari un’altra volta — dice Shadrach.
È bloccato tra Buckmaster e il palo della luce, ma scivola via e fa degli ampi gesti da nuotatore nell’aria che li separa, come se Buckmaster fosse un vapore nocivo da soffiar via. — Ora sono stanco. Ho fatto un viaggio molto pesante anch’io, lì dentro. Questa storia non la reggo proprio al momento, Buckmaster, se non ti spiace. Okay?
— La reggerai eccome, invece. Voglio dirtelo. Ti ho qui davanti a me e voglio dirtelo. Ho visto tutto, tutto, Giuda che va da Lui e Lo bacia nel giardino, e lo chiama, “Maestro, Maestro”, proprio com’è nel Libro, e poi i soldati romani si avvicinano e Lo arrestano… oh, sporco bastardo traditore. C’ero, ero lì, ora capisco cosa significa il senso di colpa. E tu? Tu no. E tu sei colpevole come lui, lo sei in modo diverso ma sei della stessa razza, Mordecai.
— Sono un Giuda? — Shadrach scuote la testa stancamente. Gli ubriachi lo irritano, anche se sono solo ubriachi della droga dei transtemporalisti. — Non capisco niente di quello che stai dicendo. Chi avrei tradito?
— Tutti. L’umanità intera.
— E dici di non essere ubriaco.
— Non sono mai stato così lucido. Oh, ho aperto gli occhi ora! Chi è che lo tiene in vita, rispondi a questa domanda? Chi è lì al suo fianco, a fargli iniezioni, a dargli medicinali, pillole, a chiamare il dannato chirurgo ogni volta che ha bisogno di un nuovo rene o di un nuovo cuore, eh? Eh?
— Vorresti che il Presidente morisse?
— Che sia dannato se non lo voglio!
Shadrach è senza fiato. Buckmaster ha chiaramente perso il senno in seguito alla sua esperienza transtemporale; Shadrach non può più sentirsi infastidito. L’ometto furioso va protetto da se stesso. — Ti arresteranno, se continui così — dice Shadrach. — Potrebbe essere in ascolto in questo stesso momento.
— Se ne sta bello sdraiato, mezzo morto dopo l’operazione — replica Buckmaster. — Credi che non lo sappia? Gli avete messo un fegato nuovo quest’oggi.