Sono passati due anni e mezzo dall’ultima volta che è stato via dalla Mongolia. Gengis Mao aveva deciso inaspettatamente di presiedere in persona un immenso e inutile congresso del Comitato, nel quartier generale delle Nazioni Unite a New York, vecchio e cadente. Al tempo Shadrach non era ancora il medico personale del Khan, e quel posto era appannaggio di un internista portoghese astuto e diplomatico di nome Teixeira; ma Teixeira stava placidamente morendo di leucemia, e Shadrach lo stava sostituendo gradualmente. Ufficialmente, Shadrach era andato a New York in qualità di semplice assistente, un portaborse all’interno dello smisurato seguito del Khan: ma quando Gengis Mao aveva avuto un attacco di ipertensione, dopo aver parlato per sei ore filate dal podio dell’ex Assemblea Generale, era stato Shadrach a occuparsi del problema mentre Teixeira era a letto nella sua
Africa! I segnali telemetrici di Gengis Mao si stanno già facendo più deboli, spariscono, all’avvicinarsi del limite dei mille chilometri di distanza. Shadrach riceve ancora dei dati, dei deboli ticchettii, gemiti, scatti del sistema di impianti chirurgici; ma, col procedere dell’aereo sulla sua rotta a sudovest, diventa sempre più difficile tradurre questi segnali in indicazioni intelligibili sui processi fisiologici del Presidente: Gengis Mao, i suoi reni e il fegato e il pancreas, il cuore e i polmoni, le arterie e l’intestino, sono diventati remoti, stanno diventando irreali. E dopo breve tempo i segnali cessano completamente; scesi al di sotto della soglia della percezione, lasciano Shadrach improvvisamente, incredibilmente solo nel suo corpo. Quell’esplosione di silenzio! Quell’assenza di messaggi subliminali! Si era dimenticato di come fosse, non avere questo continuo flusso ribollente di informazioni che gli scorre per la testa, e nei primi momenti dopo l’uscita dal raggio della teletrasmissione si sente quasi orfano, spogliato, come se avesse perso uno dei suoi cinque sensi. Poi il silenzio interiore gli comincia ad apparire normale, e Shadrach si rilassa.
L’aereo è comodo: una poltroncina morbida e avvolgente, spazio in abbondanza per stendere le gambe. Ha probabilmente più di vent’anni; è sicuramente di prima della Guerra Virale. Molte industrie sono scomparse dopo la guerra, e quella aeronautica è una di quelle. La popolazione ampiamente sfoltita del dopoguerra può cavarsela senza difficoltà, affidandosi ad adeguati programmi di manutenzione, con gli aerei ereditati dal mondo affollato e frenetico degli Ottanta; in quegli anni la vecchia economia industriale stava attraversando il suo ultimo grande periodo di convulsa espansione, nel mezzo, paradossalmente, di scarsità e disorganizzazione spaventose. Non che la Guerra e la decomposizione organica abbiano posto fine al progresso tecnologico: negli anni in cui è cresciuto Shadrach, la fusione nucleare ha soccorso il mondo dalla crisi energetica, delle escavatrici sotterranee hanno creato dal nulla un sistema di tunnel per il trasporto di massa che copre la maggior parte delle aree urbane, i sistemi di comunicazione hanno raggiunto un livello di sofisticazione estremo, l’informatizzazione della civiltà è quasi completa, e così via. Il progresso continua. Le cose sono diverse ora, ma non completamente diverse. Perfino le grandi imprese e gli istituti di borsa sono sopravvissuti. Non c’è stato uno stacco totale rispetto ai vecchi tempi, soltanto perché i due terzi della popolazione precedente sono morti e una struttura politica semidittatoriale completamente nuova ha imposto il proprio ordine ai sopravvissuti. È comunque una società in fase di contrazione, intaccata giorno per giorno dagli attacchi della decomposizione organica e oppressa da un certo senso di stagnazione e di futilità che il regime di Gengis Mao non pare capace di cancellare; e una società del genere non ha bisogno di aerei nuovi quando i vecchi sono ancora in grado di volare.