Da lì sono andato a Talos. Sono arrivato senza avvertire, ma la tipa, Lindman, è rimasta lo stesso fredda come il ghiaccio. Secondo i rapporti, è la nuova amante di Shadrach. Non riesco a capire cosa ci trovi lui. C’è qualcosa che non mi piace nella bocca di quella donna, le rovina la faccia. Sembra la bocca di un roditore feroce. Nel suo laboratorio ha un Gengis Mao di plastica, molto grande, al di sotto della vita è tutto incompiuto, solo un’intelaiatura, niente gambe. Niente gambe. La Statua Commemorativa di Gengis Mao. “Finisca le gambe”, le ho detto. Mi ha rivolto uno sguardo strano. Mi ha detto che le gambe erano il tocco finale, e che ora era più importante portare a termine l’ingegneria interna. È decisa, non accetta commenti futili, neanche da me. Neanche dal Presidente del Comitato Rivoluzionario Permanente. Io, Gengis II Mao IV Khan, ordino… no. Il robot di Lindman sa strizzare l’occhio, sa sorridere, sa salutare con la mano. Con me c’era Gonchigdorge, che ha detto: “Due gocce d’acqua, signore, una somiglianza notevole”, ma io non sono d’accordo. Ingegnoso, ma meccanico. Non mi piacerebbe che fosse il mio successore. Non farò interrompere il Progetto Talos, non ora perlomeno, ma non credo che riuscirà a produrre ciò che mi serve. Poi sono passato al laboratorio di Nikki Crowfoot, Avatar. Ah! Sì! Una bella donna, anche se in questi giorni è tesa, depressa, chiusa in se stessa. Si sentirà in colpa per Shadrach, immagino. E fa bene. Ma rimane una leale servitrice del Khan. È un pregio questo? “Quando sarete pronti per il trasferimento?”, le ho chiesto. Ha detto: “È questione di mesi, ormai”. A questa notizia ho sentito una tale scarica di eccitazione che Shadrach mi ha telefonato da sopra per sentire se stavo bene. Gli ho detto di farsi gli affari suoi. Ma sono io gli affari suoi. In ogni caso, Avatar mi dà speranza. Presto indosserò della carne nuova, sana. Prima che sia caduta la prima neve quest’anno, parlerò al mondo con le labbra di Shadrach, respirerò con i polmoni di Shadrach.
Entrando senza avvertire nel laboratorio del Progetto Avatar, a metà pomeriggio, Shadrach si trova di fronte Manfred Eis, l’assistente capo di Nikki Crowfoot, che emerge da un intrico di macchine e gli marcia incontro deciso come Thor sui sentiero di guerra: si arresta con uno scatto, e pare trattenersi a stento dal battere i tacchi.
— Siamo molto occupati in questo momento — annuncia Eis, trasformando quell’informazione in una sfida.
— Ne sono lieto.
— Lei è venuto per…?
— Una normale visita d’ispezione — risponde Shadrach in tono amabile. — Per vedere come si procede. È da un po’ che non vengo.