Con un’alzata di spalle, Nikki dice: — È una domanda difficile. Dipende dai problemi che incontreremo nei primi trapianti umani. Se ci sono problemi di adattamento psicologico di difficoltà imprevista, se il trapianto porta a reazioni psicotiche o a crolli cerebrali o a conflitti con residui di identità o cose del genere, potrebbe diventare questione di mesi, magari di anni, prima che ci arrischiamo a trasferire Gengis Mao in un corpo nuovo. I nostri esperimenti sugli animali non suggeriscono che problemi simili debbano insorgere; ma la mente umana è più complessa della mente degli spaniel, e dobbiamo tenere conto della possibilità che menti complesse reagiscano in modo complicato a una cosa traumatica come un trasferimento tra corpi. Quindi procederemo con cautela. A meno che, naturalmente, la morte imminente del corpo di Gengis Mao non renda necessario un trapianto della mente d’emergenza, nel qual caso suppongo che dovremmo semplicemente buttarci e stare a vedere cosa succede. Non è una prospettiva allettante, naturalmente.
— Naturalmente — fa eco Shadrach, secco.
— Preferiremmo di gran lunga procedere con ordine in queste cose. Un periodo di sperimentazione con soggetti umani e poi, se tutto è andato liscio fino a quel punto, vorremmo fare due o tre trapianti preliminari di Gengis Mao prima di…
—
— Sì. Inserire il costrutto-Gengis Mao in diversi corpi-ospite provvisori, semplicemente per scoprire come reagisce al trapianto il Presidente, che adattamenti potrebbero essere necessari per…
— E cosa farete di tutti questi Gengis Mao che vi avanzano? — chiede Shadrach. — È una ridondanza suggestiva, è vero, tenerne in giro una riserva. Ma se cominciano a dare ordini tutti insieme potremmo…
— Oh, no — dice Crowfoot. — Non intendiamo fare in modo che il materiale Gengis Mao rimanga all’interno dei soggetti sperimentali. Quel tipo di ridondanza non è assolutamente gradita. Elimineremmo tutti i soggetti dopo aver concluso gli esperimenti. Effettueremmo una cancellazione completa della mente dopo la conclusione dei test.
— Oh. Sì. Sempre che il soggetto ve lo permetta.
— Cosa intendi dire?
— Non dimenticartelo, una volta fatto il trapianto non ti troverai davanti a un lacché inerme. Ti troverai davanti a Gengis Mao con un nuovo corpo addosso. Ti troverai a scontrarti con lo spirito dominante di quest’epoca storica. Potresti avere dei problemi.
— Ne dubito — dice Nikki allegra. — Prenderemo le nostre precauzioni. Seguimi.
Nikki lo porta con sé, fino al pannello di un grande computer, una parete di metallo grigioverde costellato di apparecchiature indefinibili. Qui dentro, gli dice, abbiamo immagazzinato l’essenza codificata di Gengis Mao, tutto quel che è stato registrato finora, un costrutto-personalità che è in grado di rispondere a uno stimolo precisamente allo stesso modo del Gengis Mao vivente, con un’approssimazione al settimo o all’ottavo decimale. Nikki si offre di dimostrare l’identità tra il costrutto e il Gengis Mao originale con qualche rapida prova di simulazione, ma Shadrach, improvvisamente scoraggiato, sta perdendo interesse; lei lo porta a vedere qualcun’altra delle meraviglie di Avatar, senza suscitare in lui maggiori entusiasmi, e infine, come se si stesse finalmente accorgendo che Shadrach ha smesso di fingere di essere deliziato da simili miracoli tecnologici, lo invita ad accompagnarla nel suo studio privato e chiude la porta a chiave.
Sono in piedi l’uno davanti all’altra, a neanche un metro di distanza, e Shadrach prova improvvisamente una eccitazione che lo sorprende, fisica, intensa. L’intensità lo lascia sbigottito. Pensava che il desiderio di lei l’avesse abbandonato per sempre, una volta scoperto come lei l’aveva tradito. Invece no. Ancora lì, vivo come prima. Il richiamo di quel corpo bronzeo e levigato, il ricordo del suo profumo, la luce di quegli immensi occhi scuri, perforanti. La sua principessa indiana, Pocahontas, Sacajawea. Perfino adesso ne è attirato, perfino adesso. Non vede più l’ingegnosa donna di scienza, il cui ingegno l’ha portato alla distruzione completa; vede solo la donna, bella, appassionata, irresistibile. Sente l’attrazione del suo corpo, ed è sicuro che lei sente lo stesso per il corpo di lui.
Non dovrebbe sorprenderlo tanto. Eccoli qui, uomo e donna; sono stati amanti per tanti mesi; sono soli, la porta è chiusa. Perché non dovrebbe essere assalito dal desiderio, nonostante tutto? Eppure, questo improvviso cambio di marcia, questo passaggio alla sfera erotica lo sconcerta. In un certo senso il sesso, che si impone inatteso su questo sfondo di tradimento, depressione, imminente condanna, pare irrilevante e fuori luogo, bizzarro e sgradito.
Finge di non provare niente. Non si muove di un centimetro.
— Come te la cavi, Shadrach? — gli chiede lei in tono tenero dopo qualche momento. — Stai molto male?
— Tengo duro.
— Hai paura?
— Un po’. Più rabbia che paura, credo.
— Mi odii?
— Non odio nessuno. Non sono una persona che odia.
— Io ti amo ancora, lo sai.
— Falla finita, Nikki.