Читаем Shadrach nella fornace полностью

Karakorum si trova quattrocento chilometri a ovest di Ulan Bator. Cinque anni fa un mezzo sotterraneo a energia nucleare ha scavato un ampio tunnel che collega le due città passando sotto il Gobi Centrale; l’escavatore a sollecitazione termica si è fatto largo senza sforzo attraverso il resistente strato profondo di graniti e scisti del Paleozoico. Ora treni ad alta velocità, su silenziosi binari a inerzia-zero, fanno spola tra la vecchia e la nuova capitale coprendo la distanza in meno di un’ora. Shadrach Mordecai e Nikki Crowfoot si uniscono alla folla diretta verso il piacere, alla testa del binario; il prossimo treno partirà tra pochi minuti. Diverse persone li salutano, ma nessuno si avvicina. C’è qualcosa che impressiona e intimidisce in una coppia dall’aspetto davvero imponente, qualcosa che la racchiude dentro a una zona di inavvicinabilità raggelante, e Shadrach sa che lui e Nikki sono imponenti, un uomo nero alto e slanciato e una donna dalla pelle di rame alta e forte, belli di forme e volto, vestiti elegantemente: Otello e Pocahontas che escono la sera in giro per la città. Ma c’è in opera un altro fattore di isolamento, la prossimità professionale del dottor Mordecai rispetto al Khan: questa gente sa che lui, uno tra pochissimi, ha contatto personale con Gengis Mao, e parte dell’aura del Presidente gli si è trasferita addosso, un contagio di soggezione da incutere, Mordecai è trasformato in qualcuno che non è il caso di avvicinare con troppa informalità. Questo a lui non piace, ma non può fare molto al riguardo.

Il treno arriva in stazione. Shadrach e Nikki sono finalmente in partenza per Karakorum.

Karakorum. Fondata ottocento anni fa da Gengis Khan. Trasformata in una capitale maestosa dal figlio di Gengis, Ogodai. Abbandonata una generazione più tardi dal nipote di Gengis, Kublai, che preferì regnare da Cambaluc in Cina. Distrutta da Kublai Khan quando suo fratello minore cercò di farne la base di una rivolta. Ricostruita successivamente, abbandonata di nuovo, lasciata decadere, dimenticata completamente. Il sito riscoperto nel mezzo del ventesimo secolo da archeologi della Repubblica Popolare di Mongolia e dell’Unione Sovietica. E ora ben restaurata per decreto di Gengis II Mao IV Khan, erede autoincoronato di un impero antico e di uno moderno, che desidera ricordare al mondo la grandezza di Gengis I e fargli dimenticare i secoli di sonno profondo del popolo mongolo che hanno seguito il declino dei Khan.

Karakorum di notte emette una luce che non è di questa Terra, un impressionante bagliore lunare. Mordecai e Crowfoot, lasciando la stazione della sotterranea, osservano gli scavi e le rovine della Karakorum antica alla loro sinistra: una solitaria testuggine di pietra in un campo di erba ingiallita, i resti di alcuni muri di mattoni, una colonna crollata. Nelle vicinanze ci sono degli stupa di pietra grigia, monumenti ai lama più santi, eretti nel sedicesimo secolo; in distanza, sullo sfondo delle colline aride, ci sono gli edifici bianchi stuccati della Fattoria di Stato di Karakorum, progetto grandioso della defunta Repubblica Popolare di Mongolia, un’impresa agricola che occupava mezzo milione di ettari di pascolo. Tra gli edifici della fattoria e gli stupa c’è la Karakorum di Gengis Mao, una ricostruzione ardita e un po’ stravagante della città originaria: il grande palazzo fortificato di Ogodai Khan ricostruito, con tutte le sue colonne, dall’immaginazione di architetti moderni; lo splendido osservatorio con le sue torrette puntate come coltelli contro i cieli; le moschee e le chiese, le coloratissime tende in seta dei nobili, le case in mattoni dei mercanti stranieri, più cupe. Tutto è testimonianza della potenza e della magnificenza del Principe dei Principi, versione moderna: Gengis Mao, che, sostiene una leggenda semisoppressa, portava un tempo un più umile nome mongolo, Choijamtse o Ochirbal o Gombojab (il racconto varia a seconda di chi lo narra), ed era un funzionario di poca importanza, un apparatchik del tutto insignificante nella burocrazia della vecchia Repubblica Popolare nei tempi andati del marxismo-leninismo, prima che il mondo si disfacesse e che un nuovo impero mongolo sorgesse sulle sue rovine.

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