— Ce li siamo bruciati completamente. Uno degli apparecchi è entrato in
— Povera Nikki. C’è qualcosa che posso fare per essere di aiuto?
— Portami fuori di qui e basta — risponde lei. — Fammi divertire. Fammi distrarre. Fa’ delle facce buffe. Com’è andata l’operazione, seriamente?
— Impeccabile. Warhaftig è un mago. Sarebbe capace di trapiantare un nucleo in un’ameba, e poi toglierlo usando solo i pollici.
— Il grand’uomo riposa tranquillo?
— È una bellezza — dice Mordecai. — Sfiora l’osceno, come un uomo di ottantasette anni esca saltellando da operazioni come questa ogni cinque-sei settimane.
— Ha ottantasette anni, allora?
Shadrach scrolla le spalle. — Quella è la cifra ufficiale. Secondo alcune storie che circolano è ancora più vecchio, forse molto più vecchio, novanta, novantacinque, anche oltre i cento, si dice. Stando a certe voci, avrebbe fatto la Seconda guerra mondiale. Ciò di cui stiamo parlando naturalmente sono il cervello, l’integumento epidermico, la struttura scheletrica. Il resto di lui è stato messo insieme in tempi relativamente recenti, usando pezzi di ricambio sani. Un polmone qui, un rene lì, arterie di dacron, articolazioni coxo-femorali in ceramica, un esofago di plastica, una spalla in cromo-molibdeno, un fegato nuovo ogni tot anni… come faccia tutto questo a stare insieme e funzionare non lo so. So che lui diventa sempre più giovane, sempre più forte, sempre più astuto. Dovresti sentire i suoi segnali vitali, il ticchettio qui dentro.
Sorridendo, Nikki Crowfoot appoggia le mani sulle cosce di Shadrach come per tastare i sensori. — Mmm… sì. È una meraviglia per la sua età. In questo momento sta fornicando con un’infermiera. Aspetta. Aspetta. Sta per venire! No, è uno starnuto. E ora ricevo il segnale audio.
— Cerco di non fare domande.
— Non ti dice già tutto il tuo macchinario interno?
—
— Nessuno ti ha
— La mia vocazione me l’ha chiesto — Fa un gesto in direzione della porta. — Karakorum?
— Karakorum, sì. Ma prima mi devo lavare e cambiare.
Vanno all’appartamento di lei, quaranta piani più su nell’edificio. Tutti i membri importanti del personale di Gengis Mao hanno alloggiamenti nella torre; ma la direttrice di un gruppo di ricerca ha molto meno prestigio del medico personale del Presidente, e la suite di Crowfoot non è niente di paragonabile a quella di Mordecai: solo tre stanze, arredamento senza pretese, pavimento di legno qualunque, niente balcone, vista limitata. Shadrach si distende in una comoda poltrona di gomma-schiuma mentre Nikki si spoglia e si dirige verso la doccia. Il suo corpo nudo è stupendo, e alla vista dei grandi seni e dei capezzoli scuri, delle cosce vigorose, del ventre piatto e sodo, il desiderio si agita in lui. Lei è alta e magra, con spalle robuste, una vita stretta, i fianchi che si allargano improvvisamente, il sedere liscio e muscoloso; una densa cascata di capelli neri scende fino a metà della schiena. Svestita, si è liberata di quella sua aura da laboratorio, lo sguardo teso e affaticato della scienziata delusa, e diventa qualcosa di primitivo, barbarico, primordiale: Pocahontas, Sacajawea, Nokomis partorita dalla luna. Una volta che erano a letto insieme Shadrach aveva fatto simili frenetici paragoni e l’aveva imbarazzata, lei sulla difensiva si era presa gioco di lui chiamandolo Otello, Ras Tafari, Chaka Zulu; lui non ha più fatto commenti così apertamente romantici sulle origini selvagge di Nikki, perché non gli piace essere provocato a proposito delle proprie, ma resta la sensazione, ogni volta che lei gli mostra il corpo denudato, che lei sia la principessa di una nazione scomparsa, alta sacerdotessa delle grandi pianure, rossa amazzone della notte pagana.
Quando riemerge indossa un vestito che tocca il pavimento, merletto dorato traforato in modo apertamente provocante, l’antitesi del suo camice asessuato. Si intravedono i capezzoli color cioccolato, le ombre nere, quasi blu, del triangolo pubico, i fianchi, le cosce. Shadrach si infilerebbe volentieri in un letto con lei in questo stesso momento, ma sa che è stanca e ha fame, ancora preoccupata per gli insuccessi della giornata, tutt’altro che in vena di fare l’amore; non ancora; e in ogni caso a lei non piacciono gli accoppiamenti pomeridiani, preferisce lasciare che la tensione erotica si accumuli nel corso di una serata. Si accontenta di un bacio giocoso e leggero e di un sorriso ammirato, ed eccoli fuori, diretti alle profondità della torre, alla rampa di partenza del treno sotterraneo per Karakorum.