Shadrach sorride. — Spero di no. Se torniamo al punto in cui eravamo, un giorno arriveremo di nuovo alla stessa situazione di adesso. E potremmo non sopravvivere alla prossima versione della Guerra Virale. No, credo che dalle rovine costruiremo un mondo migliore, un mondo più tranquillo, meno avido. Ci vorrà del tempo. Non so con certezza come ci riusciremo. Succederanno tante cose brutte prima di allora. Milioni di persone moriranno di una morte orribile, inutile. Ma alla fine… alla fine le sofferenze avranno termine, i decessi avranno fine, e quelli che rimarranno ricominceranno a vivere nella felicità.
— È ritemprante ascoltare parole tanto ottimistiche.
— Sono un ottimista? Non mi sarei mai definito così. Realista, forse. Ma non ottimista. È strano scoprirmi improvvisamente apostolo della fiducia e del buon umore!
— Gli occhi le luccicavano quando diceva quello che ha detto. Mentre parlava, stava già vivendo in quel mondo migliore. Ora vuole ritirare la sua profezia? No, la prego di no. Lei è convinto che quel mondo più felice arriverà.
— Io spero che arrivi.
— Lei lo sa.
— Non ne sono certo. Forse le mie parole suonavano sicure un momento fa, ma… — Scuote la testa. Fa uno sforzo cosciente per ricuperare quella vena inattesa di pensiero positivo che, sorprendendo lui per primo, l’aveva colto un momento fa. — Sì — dice. — Le cose
— Ah. Lei
— Forse lo sono. A volte.
— Mi piacerebbe vedere un uomo come lei a guida di quel nuovo mondo — esclama Bhishma Das con trasporto.
Shadrach si ritrae. — No, non io. Vorrei vivere in quel mondo, sì. Ma non chiedetemi di governarlo.
— Cambierà idea quando il momento verrà. Le offriranno il potere, dottore, perché lei è buono e saggio, e lei accetterà. Perché è buono e saggio. — Das versa dell’altro tè. La sua ingenua fiducia è commovente. Shadrach sorseggia dalla sua tazza, poi lo coglie un’improvvisa visione morbosa di Bhishma Das, tra un anno o due, che grida di sorpresa e di gioia nel momento in cui il nuovo Presidente del Comitato Rivoluzionario Permanente compare per la prima volta sullo schermo della sua televisione, e il volto del nuovo Presidente è il volto bruno e ben scolpito di quel medico americano saggio e buono che un tempo aveva visitato il suo negozio. A Shadrach va di traverso il tè; per poco non ne spande fuori dalla tazza. La faccia sarà la faccia del dottor Mordecai, sì, ma la mente dietro a quei caldi occhi penetranti sarà la mente fredda, oscura di Gengis Mao. Shadrach è quasi riuscito a dimenticare il Progetto Avatar, con questa giornata a Nairobi. Quasi.
— Dovrei proprio andare, ora — dice Shadrach. — È tardi. Lei vorrà chiudere il negozio.
— Resti ancora un po’. Non c’è fretta. — E poi: — La invito a cena a casa mia stasera.
— Purtroppo non mi è possibile…
— Un altro impegno? Oh, che peccato. Ci sarebbe un ottimo piatto al