Читаем Errata corrige полностью

Accadde il giovedì. La degenza in ospedale era durata otto ore. Dimesso nel tardo pomeriggio, Charlie aveva cenato in centro e se ne era andato a casa. Il capo aveva insistito perché si prendesse un giorno di permesso e lui non aveva protestato troppo.

A casa, spogliatosi per fare il bagno, nel più assoluto sbigottimento aveva esaminato la sua pelle: decisamente una scottatura di primo grado; decisamente totale. Era quasi sul punto di spellarsi.

Si era spellato, infatti, il giorno dopo.

Aveva approfittato della vacanza per portare Jane alla partita di baseball; si erano seduti nei posti di tribuna coperti in modo che lui potesse starsene al riparo dal sole. Era stata una bella partita: Jane capiva il gioco e si era divertita.

Il giovedì, di nuovo al lavoro.

Alle undici e venticinque il vecchio Hapworth, il gran capo, entrò nell’ufficio di Charlie.

— Wills, — disse, — abbiamo ricevuto un’ordinazione urgente: diecimila volantini da stampare; tra un’ora circa arriverà il testo. Vorrei che lei seguisse la cosa in linotipia e in sala di composizione, per poi mandare in macchina non appena si è impaginato. Sarà un miracolo se riusciremo a farcela in così poco tempo. Avremo una penalità, altrimenti.

— Certo, signor Hapworth. Ci starò dietro.

— Bene. Conto su di lei. Ma senta… È un po’ presto per mangiare, comunque sarebbe meglio che lei andasse ora a far colazione. Il testo sarà qui, più o meno, quando lei torna; così potrà badare al lavoro. Se non le spiace, ben inteso, mangiare presto.

— Niente affatto, — mentì Charlie. Prese il cappello ed uscì.

Accidenti, era davvero troppo presto per mangiare. Ma aveva un’ora libera e poteva mangiare in metà del tempo a sua disposizione. Così, se prima avesse camminato per una mezz’oretta, sarebbe forse riuscito a farsi venire un po’ di appetito.

Il museo era a due isolati di distanza: il posto migliore per ammazzare il tempo. Andò al museo. Percorse il corridoio centrale senza fermarsi, se non per guardare — un momento appena — una statua di Afrodite che assomigliava a Jane Pemberton e che gli ricordò — in maniera ancora più vivida di quanto già non ricordasse continuamente — che adesso mancavano soltanto sei giorni al matrimonio.

Poi entrò nella sala che ospitava la collezione numismatica. Da ragazzino aveva collezionato monete e anche se la raccolta era poi andata dispersa, provava tuttora un certo interesse a guardare l’imponente collezione del museo.

Si fermò davanti alla bacheca delle monete romane in bronzo, ma senza porre mente alle monete. Stava ancora pensando ad Afrodite-Jane, il che era del tutto comprensibile, date le circostanze. Soprattutto, non pensava certo a vermi volanti o ad improvvise ondate di calore bruciante.

Poi gli capitò di gettare un’occhiata a una bacheca lì vicino. E, dentro, vide l’anitra.

Era un’anitra dall’aspetto normalissimo: petto screziato, ali segnate da motivi bruno-verdastri, capo piuttosto scuro con una striscia di tono più cupo che partiva proprio sopra l’occhio per correre giù lungo il collo corto. Sembrava un’anitra selvatica più che domestica.

E sembrava sconcertata di trovarsi là dentro.

Per un istante — e fu proprio un istante — la totale stranezza della presenza di un’anitra in una bacheca di monete non fu registrata da Charlie. La sua mente era tuttora rivolta ad Afrodite, anche mentre fissava un’anitra sotto vetro dentro una bacheca contrassegnata con le parole “Monete cinesi”.

Poi l’anitra fece qua-qua e si mise a camminare, dondolandosi sui goffi piedi palmati, lungo tutta la bacheca. Andò a cozzare contro il vetro di una delle estremità, agitò le ali, cercò di volare verso l’alto, sbatté contro il vetro superiore, emise un altro sonoro qua-qua.

Fu soltanto allora che a Charlie venne da chiedersi che cosa ci facesse un’anitra viva in una collezione di monete. Apparentemente, a giudicare dal suo comportamento, l’anitra si stava domandando la stessa cosa.

E fu soltanto allora che Charlie si ricordò del verme angelico e della scottatura di sole senza sole.

Qualcuno, dal vano della porta, fece: — Ps… Ps… Ehi.

Charlie si voltò. L’espressione del suo viso doveva essere fuori dall’ordinario, se il custode in uniforme, mutando tono, chiese gentilmente: — Qualcosa che non va, signore?

Per un istante Charlie si limitò a fissarlo. Poi gli venne in mente che questa era l’opportunità mancatagli durante l’ascensione del lombrico. Due persone non possono avere la stessa, identica allucinazione. Se era una…

Aprì la bocca per dire: — Guardi, — ma non dovette dire niente. L’anitra lo batté sul tempo, emettendo un sonoro qua-qua e cercando ancora di volarsene via attraverso il vetro della bacheca.

Gli occhi del custode puntarono, oltre Charlie, verso la teca delle monete cinesi. — Uhu, — disse l’uomo.

L’anitra era ancora lì.

Перейти на страницу:

Похожие книги

Аччелерандо
Аччелерандо

Сингулярность. Эпоха постгуманизма. Искусственный интеллект превысил возможности человеческого разума. Люди фактически обрели бессмертие, но одновременно биотехнологический прогресс поставил их на грань вымирания. Наноботы копируют себя и развиваются по собственной воле, а контакт с внеземной жизнью неизбежен. Само понятие личности теперь получает совершенно новое значение. В таком мире пытаются выжить разные поколения одного семейного клана. Его основатель когда-то натолкнулся на странный сигнал из далекого космоса и тем самым перевернул всю историю Земли. Его потомки пытаются остановить уничтожение человеческой цивилизации. Ведь что-то разрушает планеты Солнечной системы. Сущность, которая находится за пределами нашего разума и не видит смысла в существовании биологической жизни, какую бы форму та ни приняла.

Чарлз Стросс

Научная Фантастика