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— Ma a me piace essere chiamata Peste. Perché, non ti piace essere chiamato Charlie-warlie?

Gli fece un sorrisetto e Charlie fremette dentro di sé. Dal momento che lei era chi era, non osava…

C’era rabbia repressa in lui mentre camminava sotto la pioggia scrosciante, a testa bassa per non prendersi l’acqua in faccia. Accidenti a quella mocciosa…

Con la visione limitata ai pochi metri di marciapiede davanti a sé, probabilmente Charlie non avrebbe visto il carrettiere e il cavallo se non avesse sentito gli schiocchi della frusta che risuonavano come colpi di pistola.

Alzò gli occhi e vide. Nel centro della strada, a circa un metro e mezzo di distanza, muovendosi verso Charlie e la Peste, avanzava un carro sovraccarico. Lo tirava un vecchio cavallo stremato, tanto vecchio e ossuto che la lenta andatura con cui procedeva sembrava essere il più alto grado di velocità cui l’animale potesse arrivare.

Ma il carrettiere, evidentemente, non la pensava così. Era un omaccio dalla carnagione scura, la brutta faccia non rasata. Stava ritto in piedi, roteando la sua pesante frusta, pronto a colpire di nuovo. Quando il colpo giunse a segno, il vecchio cavallo stremato sembrò barcollare tra le stanghe.

La frusta venne alzata ancora una volta.

Allora Charlie, gridando — Ehi, laggiù! — si slanciò verso il carro.

Non sapeva ancora esattamente cosa avrebbe fatto se quella bestia che picchiava l’altra bestia si fosse rifiutata di smetterla. Ma qualche cosa sarebbe successo: la vista di un animale maltrattato era una cosa che Charlie Wills proprio non poteva — e non voleva — sopportare.

Gridò — Ehi! — di nuovo. A quanto pareva il carrettiere non l’aveva sentito urlare la prima volta e continuava col suo trotto verso la curva.

Udì però questo secondo grido, come probabilmente aveva sentito il primo, e si girò a squadrare Charlie. Poi, alzò di nuovo la frusta, ancora più in alto, per calarla con tutta la sua forza sulla schiena del cavallo, già striata dalle frustate.

Le cose davanti agli occhi di Charlie si tinsero di rosso. Non gridò più: adesso sapeva maledettamente bene che cosa avrebbe fatto. Per prima cosa doveva tirar giù dal carro quel carrettiere, se voleva mettergli le mani addosso. Poi lo avrebbe ridotto in polpette.

Sentì il ticchettio dei tacchi di Paula, quando lei si slanciò dietro di lui gridando: — Charlie, atten…

Ma fu tutto quanto riuscì a sentire. Perché, proprio in quel momento, la cosa accadde.

Un’improvvisa, accecante ondata di calore insopportabile, la sensazione di essere entrato nel centro di una fornace infuocata.

Boccheggiò, nel tentativo di respirare: persino l’aria, giù nei polmoni e in gola, sembrava scottare. E la sua pelle…

Un dolore accecante — di un momento appena — che poi era cessato, ma troppo tardi. Il colpo era stato tanto improvviso ed intenso che, quando sentì di nuovo sulla faccia la pioggia fresca, gli sembrò di diventare molle, come di gomma, fu colto da vertigini e perse conoscenza. Non avverti nemmeno l’urto della caduta.

Il buio.

Aprì gli occhi in una nebulosità biancastra che si definì nel bianco delle pareti, delle lenzuola e dell’uniforme di un’infermiera, la quale disse: — Dottore! Ha ripreso conoscenza.

Rumore di passi, di una porta che si chiudeva, ed ecco il dottor Palmer che si chinava accigliato su di lui.

— Bene, Charles, e adesso che cosa hai combinato?

Charlie sogghignò, fiaccamente. Disse: — Eh, dottore, lo sapessi… Che cosa ho combinato?

Il dottor Palmer tirò una sedia accanto alletto e si sedette. Prese il polso di Charlie e lo tenne stretto mentre guardava la lancetta dei secondi sul suo orologio. Poi lesse la cartella clinica appesa in fondo alletto e borbottò: — Uhm.

— È la diagnosi, — volle sapere Charlie, — o la cura? Senta, prima di tutto, che ne è di quel carrettiere? Ben inteso se lei sa…

— Paula mi ha raccontato quello che è successo. Il carrettiere, licenziato, è in stato di arresto. Tu stai benissimo, Charles. Niente di serio.

— Niente di serio? Che cosa… è un caso non serio? In altre parole, che mi è successo?

— Sei svenuto. Collasso. E per alcuni giorni ti spellerai, ma questo è tutto. Perché non hai adoperato una lozione qualsiasi, ieri?

Charlie chiuse gli occhi, poi li apri di nuovo, lentamente. E disse: — Perché non ho usato una… Per che cosa?

— La scottatura di sole, naturalmente. Non sai che non si può andare a nuotare in un giorno di sole senza prendere…

— Ma, dottore, io non sono andato a nuotare ieri. E neanche il giorno prima. Accidenti, non ci vado da un paio di settimane a nuotare. Che cosa vuol dire, parlando di una scottatura di sole?

Il dottor Palmer si strofinò il mento. Disse: — Meglio che ti riposi un po’, Charles. Se stasera ti sentirai bene, potrai andartene a casa. Ma sarebbe meglio che tu non lavorassi, domani.

Si alzò ed uscì.

L’inférmiera era ancora lì e Charlie la fissò con sguardo assente. Poi disse: — Il dottor Palmer sta per… Senta, che cosa è tutta questa storia?

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