Una nuova crisi con Gengis Mao lo distrae brevemente da queste faccende. Negli ultimi giorni, il Khan si è alzato regolarmente dal letto per lavorare in studio, per visitare il Vettore di Sorveglianza Uno, per dirigere le attività del Comitato dalla stanza del quartier generale. La sua convalescenza procedeva così liscia che non pareva esservi motivo di limitare i suoi movimenti. Ma ora gli impianti di percezione del dottor Mordecai ricevono i primi segnali di qualche problema: pulsazioni epigastriche, un debole soffio sistolico, un affaticamento generale della circolazione. Troppa attività, e troppo presto? Shadrach si reca allo studio del Presidente per discutere la questione. Gengis Mao però, ancora preso dai suoi monumenti a Mangu e dalle sue retate di assassini, non ha voglia di conferire col suo medico, non vuole discutere di sintomi. Accantona le domande di Shadrach, dichiarando bruscamente che non si è mai sentito meglio. Poi torna alla sua scrivania. Gli arresti, confida gonfio d’orgoglio a Mordecai, sono ormai arrivati a duecentottantadue. Di queste persone, novantasette sono state dichiarate colpevoli e mandate al vivaio di organi.
— Presto — dice il Khan — i polmoni e i reni e gli intestini di questi criminali serviranno ad allungare la vita di membri leali del governo. Non c’è una giustizia poetica in questo? Tutte le cose sono centripete, Shadrach. Tutti gli estremi opposti vengono riconciliati.
— Duecentottantadue cospiratori? — domanda Shadrach. — Ce ne sono voluti così tanti per spingere un uomo giù da una finestra?
— E chi lo sa? Per il delitto vero e proprio forse non sono stati necessari più di due o tre sicari. Ma dev’essere stata necessaria una grande rete di compiici nella congiura. Hanno dovuto modificare dei congegni di sicurezza, distrarre delle guardie, mettere fuori uso delle videocamere. Riteniamo che potrebbe essere stata necessaria una dozzina di cospiratori semplicemente per far sparire i corpi degli assassini dalla piazza, dopo il salto.
— Per fare cosa?
Gengis Mao si produce in un sorriso condiscendente. — Riteniamo — dice — che gli assassini, dopo aver gettato Mangu dalla finestra, siano saltati deliberatamente dalla stessa finestra per evitare di essere catturati all’interno dell’edificio. Dei complici appostati nella piazza hanno raccolto immediatamente i loro corpi e sono fuggiti portandoseli via, mentre altri ancora provvedevano a cancellare dal terreno ogni segno di quelle morti.
Lo sguardo di Shadrach è fisso nel vuoto. — Signore, Horthy ha visto cadere un solo uomo.
— Horthy non è rimasto nella piazza a osservare gli sviluppi ulteriori.
— Ma in ogni caso…
— Se gli assassini di Mangu
— Gliel’ho detto. Sto benissimo.
— I sintomi che sto cominciando a percepire sono piuttosto preoccupanti, signore.
— Sintomi di cosa? — si informa Gengis Mao.
Shadrach sospetta che il Khan stia sviluppando un aneurisma dell’aorta addominale; un cedimento nella parete del grande condotto che diffonde sangue proveniente dal cuore. Chiede a Gengis Mao se ha avvertito qualche fastidio insolito, e il Presidente confessa, con riluttanza, recenti dolori acuti alla schiena e ai fianchi. Il dottor Mordecai evita di sottolineare come questo contraddica ciò che Gengis Mao diceva a proposito della propria buona salute; ma l’ammissione concede effettivamente una posizione di vantaggio a Shadrach, che ordina al Presidente di tornare a letto a riposare.