Suona oscenamente presuntuoso. Salvatore del mondo! Eroe della civiltà, figura-mito, io, Krishna, io, Quetzalcoatl, io, Artù, io, Gengis Mao. Eppure è vero, è più vero nel mio caso che in quello di tutti loro, perché senza di me oggi l’umanità intera potrebbe essere morta, e questo è un fatto nuovo nella storia dei miti messianici. Porre termine al conflitto, far smettere l’utilizzo del virus, sostenere il lavoro di Roncevic… certo, non c’è dubbio, questo potrebbe essere un pianeta morto se io fossi sparito in una tomba dieci anni fa. La storia lo riconoscerà. E però, però… che importanza ha? Non mi dimenticheranno quando morirò; non mi dimenticheranno mai. Ma morirò. Prima o poi i miei sotterfugi si esauriranno. Né Talos, né Fenice, né Avatar riusciranno a sostenermi in eterno. Qualcosa andrà storto, oppure la noia mi vincerà e sarò io stesso a fermare il funzionamento dei sistemi vitali, e morirò, e a quel punto che significato avrà aver salvato il mondo? In ultima analisi, quel che ho fatto è privo di senso per me. In ultima analisi, il potere che ho raggiunto è vuoto. Non è vuoto nell’immediato: me ne sto qui seduto, giusto? In mezzo allo splendore e alle comodità. Ma è vuoto in fine dei conti. Faccio finta che ci sia un senso nel potere imperiale, ma non ce n’è, nessun senso, da nessuna parte. Questa è una filosofia diffusa tra chi è molto giovane e, immagino, tra chi è molto vecchio. Io devo fingere che il potere abbia importanza per me. Devo fingere che la resa dei conti costituita dalla storia sia la consolazione che tutto consola. Ma sono troppo vecchio perché me ne importi davvero. Mi sono dimenticato il motivo per cui avesse importanza, a suo tempo, fare quello che ho fatto. Sto facendo le ultime mosse di un gioco stupido, non ho voglia di lasciare che arrivi a una conclusione ma non sono sicuro della natura della mossa vìncente. E così vado avanti, avanti, avanti. Io, Gengis II Mao IV Khan, salvatore del mondo, impegnato a nascondere agli occhi di chi mi circonda la vacuità profonda e paralizzante che sta dietro gli estremi recessi del mio spirito. Temo di aver perso il filo. Sono stanco. Sono annoiato. Mi fa male la testa.
Mi fa male la testa.
— Shadrach! — ruggisce Gengis Mao. — Questo dannato mal di testa! Rimettimi a posto, Shadrach!