«Saphira.» Una strana espressione attraversò il volto di Brom. Conficcò il bastone nel terreno con tanta forza che le nocche sbiancarono. «Di tutti i nomi che mi hai suggerito, quello è l'unico che le è piaciuto. Credo che sia appropriato» si affrettò ad aggiungere Eragon.
«Molto appropriato» disse Brom, Eragon colse una sfumatura indecifrabile nella sua voce. Perdita, meraviglia, paura, invidia? Non ne era sicuro; poteva essere tutto o niente. Brom alzò la voce e disse; «Salute a te, Saphira. Sono onorato di conoscerti.» Fece un gesto svolazzante con la mano e s'inchinò.
Eragon si arrampicò sulle macerie e scivolò sotto una porta in ciò che restava della sua stanza. A stento la riconobbe sotto i cumuli di legno divelto. Guidato dalla memoria, cercò la parete interna e trovò il suo zaino vuoto. Parte dell'intelaiatura di legno era rotta, ma si poteva riparare. Continuò a frugare attorno e alla fine scoprì un'estremità del suo arco, ancora chiuso nella custodia di pelle. N La pelle era rovinata e piena di graffi, ma fu lieto di constatare che il legno oliato era rimasto intatto.
Porse l'arco e la faretra a Brom, che commentò: «Ci vuole un braccio robusto per tenderlo.» Eragon accettò il complimento in silenzio. Vagò ancora per la casa in cerca di altri oggetti utili e li posò ai piedi di Brom. Un ben magro bottino. «E adesso?» disse il vecchio. I suoi occhi lo scrutavano in profondità. Eragon distolse lo sguardo.
«Troviamo un posto dove nasconderci.»
«Hai già in mente qualcosa?»
«Sì.» Avvolse gli oggetti, tranne l'arco, in un ampio fagotto, e lo chiuse stretto. Se lo gettò in spalla, disse: «Da questa parte» e s'incamminò verso la foresta.
La destinazione era vicina, ma Eragon seguì un percorso tortuoso allo scopo di seminare eventuali inseguitori. Era passata oltre un'ora quando finalmente si fermò in una radura ben nascosta. Lo spiazzo era largo quanto bastava per ospitare un falò, due persone e un drago. Gli scoiattoli fuggirono tra gli alberi, protestando con sonori squittii contro l'intrusione. Brom si districò da un rampicante e si guardò intorno con interesse. «Qualcun altro sa di questo posto?» domandò. «No. L'ho scoperto quando ci siamo trasferiti qui. Mi ci è voluta una settimana per ripulirlo, e un'altra ancora per portar via tutti i rami secchi.» Saphira atterrò accanto a loro e chiuse le ali, attenta a evitare i rovi. Si accovacciò, spezzando qualche rametto con le dure squame, e posò la testa sul terreno. I suoi occhi imperscrutabili seguivano ogni loro mossa.
Brom si appoggiò al bastone e la osservò attento. Il suo sguardo insistente innervosiva Eragon, che rimase a sua volta a guardare il vecchio finché la fame non lo costrinse ad agire. Accese un falò, riempì una pentola di neve e la mise sul fuoco, per farla sciogliere. Quando l'acqua bollì, tagliò qualche pezzo di carne e lo tuffò nella pentola insieme a un pugno di sale.
Lo stufato bolliva lentamente, diffondendo un ricco aroma nella radura. Saphira fece schioccare la punta della lingua e assaggiò l'aria. Quando la carne fu tenera. Brom si avvicinò ed Eragon lo servì. Mangiarono in silenzio, evitando di guardarsi. Alla fine. Brom prese la sua pipa e cominciò a fumare, soddisfatto, .
«Perché vuoi venire con me?» gli chiese Eragon.
Brom sbuffò una nuvoletta di fumo, che risalì a spirale per poi perdersi fra gli alberi. «Ho un certo interesse nel mantenerti vivo» disse.
«Che cosa significa?» disse Eragon.
«Per farla breve, sono un cantastorie, e si da il caso che tu rappresenti per me una gran bella storia. Sei il primo Cavaliere al di fuori del controllo del re in oltre cento anni. Che cosa succederà? Morirai come un martire? Ti unirai ai Varden? O ucciderai re Galbatorix? Domande affascinanti, E io sarò lì a testimoniare ogni tuo passo costi quel che costi.»