Eragon si sentì stringere lo stomaco in una morsa. Non riusciva a immaginarsi nell'atto di compiere quelle gesta, e ancora meno di diventare un martire. C
Brom si concesse il tempo necessario per aggiungere altro tabacco alla pipa. Dopo averla riaccesa e rimessa in bocca, disse; «D'accordo, se sono le risposte che vuoi, risposte avrai, ma potrebbero non piacerti.» Si alzò per andare a prendere il suo fagotto e tornò vicino al fuoco. Ne estrasse un lungo oggetto avvolto in un panno. Misurava all'incirca cinque piedi e, a giudicare da come lo maneggiava, doveva essere piuttosto pesante.
Brom cominciò a dipanare la protezione di stoffa, un lembo alla volta, come se fossero le bende di una mummia. Lo sguardo incantato di Eragon s'illuminò quando si posò su una spada. Il pomo era d'oro, a forma di goccia, e recava incastonato un rubino grande come un uovo di quaglia. L'elsa era di filigrana d'argento brunito, e scintillava come una galassia di stelle. Il fodero era di pelle color vino, liscia come seta, adorna solo di uno strano simbolo nero inciso. Vicino alla spada c'era una cintura di pelle con una pesante fibbia. L'ultimo lembo di stoffa cadde, e Brom passò l'arma a Eragon.
La sua mano aderì perfettamente all'impugnatura, come se fosse stata fatta per lui. Lentamente sfilò la spada dal fodero, che scivolò senza nemmeno un fruscio. La lama piatta era di un rosso iridescente, che rifletteva la luce del falò. I due profili taglienti convergevano eleganti in una punta aguzza. Sul metallo era inciso il simbolo nero impresso sul fodero. L'equilibrio della spada era perfetto; sembrava un'estensione del suo braccio, al contrario dei rozzi utensili da agricoltore cui era abituato. Emanava un'aura di potere, come se nel suo nucleo covasse una forza irresistibile. Era stata creata per le violente emozioni della battaglia, per porre fine alla vita degli uomini, eppure era di una bellezza sconvolgente.
«Un tempo questa era l'arma di un Cavaliere» disse Brom in tono grave. «Quando un Cavaliere terminava l'addestramento, gli elfi gli facevano dono di una spada. I loro metodi di forgiatura sono sempre rimasti segreti. Le loro spade sono eternamente affilate e non si macchiano mai. L'usanza era che il colore della lama combaciasse con quello del drago del Cavaliere, ma immagino che in questo caso possiamo fare un'eccezione. Questa spada si chiama Zar'roc. Non so che cosa significa: probabilmente qualcosa di personale per il Cavaliere che la possedeva.» Osservò Eragon tentare qualche fendente.
«Dove l'hai presa?» domandò il ragazzo. A malincuore rimise la spada nel fodero e fece per restituirla al vecchio, ma Brom non mosse un dito per prenderla.
«Non ha importanza» disse Brom. «Ti basti sapere.che ho dovuto passare una serie di brutte e pericolose avventure per entrarne in possesso. Considerala tua. Hai più diritto di me ad averla, e prima che sia tutto compiuto, credo proprio che ti servirà.»
L'offerta colse Eragon alla sprovvista. «È un dono principesco: ti ringrazio.» Incerto su che altro dire, fece scorrere la mano sul fodero. «Che cosa significa questo simbolo?» domandò. «Era l'emblema personale del Cavaliere.» Eragon cercò di interromperlo, ma Brom lo fulminò con un'occhiataccia. «Ora, sarà bene che tu sappia che chiunque può imparare a parlare con i draghi, se ha ricevuto l'adeguata istruzione. Ma» e alzò un dito con enfasi «saperlo fare non significa niente. So più io dei draghi e delle loro capacità di qualsiasi altro essere vivente. Da solo, ti ci vorrebbero anni per imparare quello che io posso insegnarti. Ti sto offrendo la mia conoscenza come via più breve. La ragione per cui so queste cose rimane affar mio.»
Quando Brom ebbe finito di parlare, Saphira si alzò per avvicinarsi a Eragon. Il ragazzo estrasse la spada per mostrarla alla dragonessa.
Brom inarcò un sopracciglio. «Questo è il genere di cose di cui ti parlavo. I draghi ci stupiscono sempre. Accadono certe cose intorno a loro, cose misteriose che sono impossibili altrove. Anche se i Cavalieri hanno agito a fianco dei draghi per secoli, non hanno mai compreso fino in fondo le loro capacità. C'è chi sostiene addirittura che nemmeno i draghi conoscano fino in fondo la portata dei loro poteri. Sono legati a questa terra in un modo che consente loro di superare grandi ostacoli. Ciò che Saphira ha appena fatto dimostra la mia tesi: c'è ancora molto che non sai.»
Ci fu una lunga pausa. «Può darsi» disse Eragon. «ma posso imparare, E gli stranieri sono la cosa che più mi interessa al momento. Hai idea di chi fossero?»