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— Ehm, — fece il dottor Palmer. — Così questo spiega la scottatura di sole, e forse può anche spiegare…

— Buffo che mi sia ritornato in mente soltanto questa mattina, quando mi sono svegliato, — disse Charlie. — Suppongo…

— L’ho detto, a quegli scemi, — disse il dottor Palmer, — che non poteva esserci relazione alcuna tra la scottatura di terzo grado e il tuo svenimento. C’era, naturalmente, in un certo senso. Voglio dire che l’aver battuto la testa, mentre nuotavi, spiegherebbe… Charles, sono proprio contento che ti sia tornato in mente. Almeno adesso conosciamo la causa del tuo comportamento, e possiamo curarla. Forse, in effetti, sei già guarito.

— Penso di sì, dottore. Mi sento proprio bene, adesso. Come se mi fossi appena svegliato da un incubo. Suppongo di essermi reso ridicolo in un paio di casi. Ricordo vagamente di aver comprato dell’etere, una volta, e poi, qualche cosa a proposito di liscivia… Ma sono come impressioni di cose avvenute in sogno. Ora la mia mente è limpida come l’acqua. È come se, stamattina, fosse scoppiato qualcosa. Dopo, sono stato di nuovo bene.

Il dottor Palmer sospirò. — Mi sento proprio sollevato, Charles. In tutta sincerità, ci hai davvero preoccupato. Naturalmente, dovrò parlare della cosa con gli altri medici e dovremo farti una visita piuttosto accurata, ma penso…

Arrivarono gli altri dottori, fecero delle domande, esaminarono il suo cranio… ma qualsiasi lesione avesse provocato la roccia sembrava essersi rimarginata. Loro, comunque, non riuscirono a trovarla.

Se non fosse stato per il tentativo di suicidio della sera prima, Charlie se ne sarebbe potuto andare dall’ospedale seduta stante. Ma per tale ragione i medici insistettero perché rimanesse sotto osservazione per altre ventiquattro ore. Charlie acconsenti: questo significava essere fuori venerdì pomeriggio ad ora imprecisata; la cosa non sarebbe successa prima delle 12,15 di sabato.

C’era tempo in abbondanza per un percorso di centosettanta chilometri.

Doveva solo controllare, nel frattempo, ogni parola e ogni gesto, evitando modi di parlare e di comportarsi che uno psichiatra potesse interpretare…

Si diede all’ozio e al riposo.

Alle cinque di venerdì pomeriggio tutto andava per il meglio:

Charlie strinse la mano a varia gente e fu di nuovo un uomo libero. Aveva promesso di passare regolarmente dal dottor Palmer per alcune settimane.

Ma era libero.

<p>XVII</p>

Buio, e pioggia.

Un’acquerugiola fredda e sgradevole che aveva cominciato ad infiltrarglisi nei vestiti, giù per il collo, dentro alle scarpe, fin dal primo momento in cui era sceso dal treno sulla piccola piattaforma di legno.

Ma la stazione era lì e lì era il cartello che gli diceva il nome della cittadina. Charlie lo guardò compiaciuto, ed entrò nella stazione. C’era un’allegra stufetta a carbone nel centro della stanza. Aveva tempo per scaldarsi, prima di muoversi. Tese le mani verso la stufa.

Da un lato della stanza, una testa brizzolata lo scrutava, incuriosita, attraverso lo sportello della biglietteria. Charlie fece un cenno di saluto alla testa e la testa gli rispose con un altro cenno.

— Starà qui per un po’, signore? — chiese la testa.

— Non esattamente, — disse Charlie. — Spero di no, ad ogni modo. Voglio dire… — Diavolo, dopo tutte le storie che aveva raccontato agli psichiatri dell’ospedale, non avrebbe dovuto trovarsi in difficoltà nel dir bugie al bigliettaio di una piccola città di provincia. — Voglio dire, credo di no.

— Niente più treni per stanotte, signore. Ha un posto in cui andare? Se no, mia moglie qualche volta prende dei pensionanti per brevi periodi.

— Grazie, — disse Charlie. — Ho già provveduto. — Stava per aggiungere «spero», ma poi si rese conto che ciò l’avrebbe condotto a continuare la conversazione.

Diede un’occhiata all’orologio da muro, poi al suo da polso e vide che entrambi concordavano nel segnare le dodici meno un quarto.

— Quanto è grande questa città? — chiese. — Non intendo la popolazione. Voglio dire, quanto c’è dalla barriera alla linea di demarcazione del distretto? Al confine della città.

— Non è grande. Ottocento metri, forse, o un po’ di più. Andrebbe dai Tolliver, per caso? Abitano proprio poco più in là e ho sentito dire che lui ha fatto venire dalla città un… no, non ha l’aria, lei, del bracciante.

— No, — disse Charlie. — Non lo sono — Diede un’altra occhiata all’orologio a muro e mosse verso la porta, dicendo: — Be’, ci vediamo.

— Va a…?

Ma Charlie era già uscito e si stava incamminando giù per la strada dietro la stazione ferroviaria. Verso il buio, verso l’ignoto e… Be’, come avrebbe potuto raccontare al bigliettaio della sua reale destinazione?

Ecco la barriera. Dopo un isolato il marciapiedi terminò e Charlie dovette camminare lungo il ciglio della strada, dentro al fango, a volte fino alla caviglia. Ormai era bagnato fradicio, ma la cosa non aveva importanza.

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