Mordecai sorride, leggermente a disagio. Anche lui a volte pensa che Mangu sia un po’ uno sciocco, e forse più che un po’ soltanto. Si ricorda di quando la dottoressa Crowfoot del Progetto Avatar, Nikki Crowfoot, la
— Dove sarai durante l’operazione? — chiede Mordecai.
Mangu fa un ampio gesto nella direzione del piano di comando principale del Vettore di Comitato Uno. — Lassù, a fingere di dirigere lo spettacolo.
— Fingere?
— Sai bene che ci sono molte cose che devo ancora imparare, Shadrach. Ci vorranno ancora
— Non lo fa per ginnastica — dice Mordecai. — Il fegato con cui vive adesso è in difficoltà da settimane. Dobbiamo toglierlo. Ma te l’ho detto: non c’è bisogno che ti preoccupi.
Mangu sorride e afferra l’avambraccio di Mordecai in una breve, affettuosa stretta, sorprendentemente dolorosa. — Non mi preoccuperò. Mi fido di te, Shadrach. E di tutta la squadra che tiene in vita il Khan. Fammi sapere quando sarà finita, d’accordo?
Si allontana a grandi passi, verso il posto di comando principale, dove giocherà un po’ a fare il monarca mondiale.
Mordecai scuote la testa. Mangu è un personaggio attraente, socievole e affascinante; perfino carismatico. In un momento storico oscuro, illuminato solo da terribili lampi spezzati di luce da incubo, Mangu è una specie di eroe popolare. Nell’ultima decina di mesi è diventato il surrogato pubblico del Khan, presente al posto di Gengis Mao in ogni sorta di funzioni formali, inaugurazioni di dighe, congressi del Comitato e roba del genere, e il fascinoso, galante principe ereditario, così disarmante, così semplice nei modi, così aperto con il popolo, è adorato in una maniera che Gengis Mao non ha mai conosciuto, nemmeno per un istante. Chi ha osservato Mangu da vicino sa bene che egli è essenzialmente un uomo vuoto, tutto immagine e niente sostanza, un’anima frivola e superficiale, un amabile atleta che sta vivendo una messinscena poco plausibile; ma se non è degno di ammirazione, Mangu non è neanche degno di disprezzo, tutt’altro, e Mordecai prova una sincera compassione per lui. Povero Mangu, tutto preoccupato per la possibilità di ritrovarsi a succedere al Khan oggi stesso, il suo apprendistato non ancora giunto a termine! Non viene il dubbio a Mangu che
A quanto pare, no. Se così fosse Mangu, conoscendo i propri limiti, avrebbe cominciato a domandarsi quali siano i reali piani che Gengis Mao ha per lui, e perché il Presidente abbia scelto come successore niente di più che un ragazzo attraente, tutto il suo opposto in ogni aspetto importante. Per addestrarlo a essere sovrano supremo? No. No. Per addestrarlo a essere niente più che un pupazzo; a danzare davanti al popolo e a guadagnarsene l’amore. E poi, un giorno, a lasciarsi raccogliere e gettar via l’identità, così che il suo corpo possa diventare la nuova abitazione per la mente astuta e per l’anima oscura di Gengis Mao, quando lo scafo antico e rattoppato del Presidente non potrà più essere riparato. Povero Mangu. Mordecai ha un brivido.
Si affretta verso il proprio studio, si tira dietro la porta e dà un giro di chiave.
C’è uno scatto improvviso ed acuto nella sua coscia sinistra, vicino al fianco, il luogo dove Mordecai riceve il segnale cerebrale di Gengis Mao. Quattro stanze più in là, il Khan si sta svegliando.
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