Perché no? La sua forte, severa voce di contralto gli ha piegato la volontà. Shadrach acconsentirà finalmente a essere iniziato ai misteri del sogno di morte. Fa un cenno di assenso, e gli occhi scuri di Lindman scintillano della selvaggia soddisfazione della trionfatrice.
Il padiglione del sogno di morte è un’ampia tenda retta da molti pali, il telone nero bordato di una striscia arancio-ruggine. Sopra l’ingresso si protende in fuori una testa d’ariete, pesante, minacciosa, aggressiva; le massicce corna arricciate trafiggono l’aria fredda di primavera con prepotenza titanica. Shadrach sa che l’ariete è Ammone-Ra, signore della paura, re del sole, protettore del sogno di morte; si dice infatti che questo culto derivi dall’Egitto dei Faraoni, riti segreti che non si persero mai dai giorni in cui venivano praticati originariamente lungo le rive del caldo, pigro Nilo al tempo della Quinta Dinastia. All’interno della tenda, stranamente, tutto è luce. Il posto sfolgora di strutture sfavillanti dal suolo fino al soffitto: lampade sospese, poste in cima ad alti pali, faretti, cascate luminose, l’aria brucia di una lucentezza bianca-azzurra che stordisce, l’ombra è annientata. Shadrach ricorda l’atmosfera torbida della tenda dei transtemporalisti, ed è profondamente impressionato da questa luce intensa. Ma nel dominio di Ammone-Ra deve regnare un fulgore solare.
Si sta avvicinando una figura mascherata, un’orientale dalla linea slanciata che non indossa altro che un panno bianco arrotolato a cingerle i fianchi e un’enorme maschera da leone dorata che le poggia pesante sulle spalle magre. Tra i seni minuti le scende un pendente, una croce ansata d’oro fiammeggiante. Non parla; ma con gesti espressivi guida Mordecai e Lindman per la tenda affollata, oltre le file di uomini e donne che giacciono addormentati. I soffici materassi di cotone bianco sono contornati da barriere di corda dorata tesa tra aste d’ebano. Arrivati a un cubicolo vuoto, che sarà il loro, si fermano. Dentro all’anello di corda ci sono due spessi materassi affiancati, e a ciascuno dei due lati vi è un costume da sogni ripiegato con cura, e un baule di legno adorno dove, indica la loro guida, dovranno mettere i loro vestiti. Katya inizia immediatamente a spogliarsi, e Shadrach, dopo un istante, la imita. La guida attende da parte, senza mostrare alcun interesse per la loro nudità; Shadrach si sente sciocco nel suo costume: un singolo riquadro di lino delle dimensioni di un fazzoletto a coprirgli il pube e le cosce, una cintura di perle colorate per assicurarlo attorno ai fianchi, e due strette strisce di panno, una verde, una blu, che la guida lo aiuta a sistemare incrociate sul petto.
Katya gli sorride. Osservandola togliersi i vestiti, Shadrach prova un desiderio prepotente, da cui è assente l’amore o anche solo la gioia. Il denso, scuro cespuglio del pube, ampio e ricciuto, che si spinge fino agli angoli delle cosce, esercita un magnetismo terribile: Shadrach prova un desiderio di intensità inconsueta di seppellirvi il proprio sesso, di tuffarlo come un’accetta nelle profondità senza uscita di lei, rimanere lì, immobile. Lindman indossa un panno simile al suo, e un pendente con la croce ad anello, identico a quello della guida. Questi sottolineano la sua nudità più che mascherarla. Come sempre, il corpo di Katya lo turba; fianchi ampi, sedere pesante, un corpo da contadina, con il baricentro piuttosto basso, l’ombelico profondo, nascosto tra le pieghe lisce di grasso del ventre, i seni pieni e appena allungati. È un corpo forte e voluttuoso, potente e al tempo stesso tutt’altro che atletico, con la femminilità esagerata di quelle veneri primordiali delle caverne di Cro-Magnon. Quel che più inquieta Shadrach, o almeno così sospetta lui, è il contrasto tra quel corpo dalla sessualità vigorosa, da madre terra, e quelle labbra sottili e predatrici, quei denti affilati e minacciosi. La bocca di Katya tradisce l’archetipo proiettato dal resto del suo corpo, e la contraddizione rende questa donna un mistero per Shadrach.