«No... resto» disse Eragon tremante, asciugandosi le labbra. Evitò di guardare lo spettacolo raccapricciante davanti a loro. «Chi può aver fatto...» Non riuscì a trovare le parole. Brom chinò il capo. «Coloro che amano il dolore e la sofferenza altrui. Hanno molte facce e indossano molte maschere, ma c'è solo un nome per loro: il Male. Non serve capire. Tutto quello che possiamo fare è compiangere e onorare le vittime.»
Smontò da Fiammabianca e studiò il terreno smosso. «I Ra'zac sono passati di qui» disse piano. «ma questa non è opera loro. Questa è opera degli Urgali; la lancia appartiene a loro, È passata di qui una compagnia, forse un centinaio.È strano; conosco solo pochissimi casi in cui si siano riuniti in un tale...» S'inginocchiò a esaminare un'impronta.
Lanciò un'imprecazione e tornò di corsa da Fiammabianca, che montò alla svelta. «Vai!» sibilò a denti strettì, incitando il cavallo. «Gli Urgali sono ancora qui!» Eragon piantò i talloni nei fianchi di Cadoc. Il cavallo si lanciò al galoppo per seguire Fiammabianca. Schizzarono davanti alle case, ed erano quasi ai margini di Yazuac quando Eragon avvertì di nuovo il formicolio al palmo. Con la coda dell'occhio intrawide un movimento alla sua destra, poi un pugno gigantesco lo sbalzò di sella. Volò sopra il dorso di Cadoc e urtò contro un muro, continuando a stringere l'arco per puro istinto. Stordito, senza fiato, si rialzò barcollante, premendosi una mano sul fianco. Un Urgali torreggiava su di lui, il muso deformato da un ghigno perverso. Il mostro era alto, massiccio, più grosso di una porta, con la pelle grigia e gialli occhi porcini. Muscoli possenti gli gonfiavano le braccia e il torace, coperto da una corazza troppo piccola. Portava un elmo di ferro, dal quale spuntavano le due corna da ariete che gli crescevano dalle tempie, e con un braccio reggeva uno scudo rotondo. Impugnava una spada corta e ricurva.
Dietro di lui, Eragon vide Brom tirare le redini di Fiammabianca per tornare indietro. Ma il vecchio venne bloccato dalla comparsa di un secondo Urgali, armato di ascia. L'Urgali davanti a Eragon ruggì e roteò la spada con ferocia. Eragon si sottrasse ai colpi con un .urlo di terrore e sentì il sibilo della lama che gli sfiorava la guancia. Si voltò e cominciò a correre verso il centro di Yazuac, col cuore che gli batteva fortissimo.
L'Urgali lo inseguì; i suoi pesanti stivali rimbombavano sul selciato. Eragon lanciò a Saphira un disperato grido di aiuto, poi si costrinse ad andare più veloce. L'Urgali guadagnava terreno, malgrado gli sforzi di Eragon; le grosse fauci si spalancarono in un muto bramito. Con l'Urgali ormai alle costole, Eragon incoccò una freccia, si volse di scatto, prese la mira e scoccò. L'Urgali tese il braccio e ricevette la freccia vibrante sullo scudo. Poi piombò su Eragon prima che avesse il tempo di incoccare ancora, e i due caddero a terra in un groviglio di membra.
Eragon fu lesto a rialzarsi e corse di nuovo verso Brom, che in sella a Fiammabianca scambiava colpi feroci col suo avversario.
Un grido di belva sgorgò dalla gola di Eragon mentre caricava l'Urgali. Il mostro rimase immobile un istante, sconcertato, poi lo affrontò con una smorfia di disprezzo, roteando l'ascia. Eragon schivò il fendente e affondò le unghie nel fianco dell'Urgali, lasciandovi profondi solchi sanguinanti. Il muso del mostro divenne una maschera di rabbia. Menò un altro fendente, ma Eragon si tuffò di lato e fuggì scartando di lato.
Il suo scopo era allontanare gli Urgali da Brom. S'infilò in uno stretto passaggio fra due case, ma si accorse che era un vicolo, cieco. Si volse per scappare, ma gli Urgali ormai bloccavano il passaggio. Presero ad avanzare, imprecando contro di lui con le loro voci rauche. Eragon voltò la testa da un lato e dall'altro, cercando una via d'uscita. Invano. Mentre si voltava a fronteggiare gli Urgali, gli balenarono in mente le immagini sconvolgenti viste poco prima: i cadaveri ammassati degli abitanti del villaggio, e il piccolo innocente infilzato sulla lancia, che non sarebbe mai diventato adulto. Al pensiero di quell'atroce destino, una forza bruciante, feroce, gli pervase ogni parte del corpo. Era più di un semplice desiderio di giustizia. Era il suo intero essere che si ribellava all'idea della morte, al fatto che avrebbe cessato di esistere. La forza crebbe sempre di più, finché non si sentì pronto a farla esplodere.