Ma perché perdere tempo a violentarmi? L’intera operazione aveva sfumature dilettantesche. Al giorno d’oggi nessun gruppo professionale usa lo stupro o le botte prima dell’interrogatorio; non ci si guadagna niente; ogni professionista è addestrato a sopportare l’una o l’altra cosa; o tutte e due. Per lo stupro, lei (o lui; mi dicono che per i maschi sia peggio) può distaccare la mente e aspettare che finisca, oppure (addestramento avanzato) può emulare l’antico adagio cinese.
Oppure, in sostituzione del metodo A o B, o magari in combinazione col B se le capacità istrioniche dell’agente sono all’altezza, la vittima può usare lo stupro come un’occasione per guadagnare un po’ di vantaggio su chi l’ha catturata. Non è che io sia una grande attrice, però ci provo; e se anche la cosa non mi ha mai permesso di ribaltare la situazione con gente male intenzionata, mi ha salvato la pelle almeno una volta.
Questa volta il metodo C non modificò la situazione, però provocò un pizzico di sani dissensi. Quattro signori (così stimai in base al tatto e agli odori del corpo) mi presero in una delle camere da letto del primo piano. Forse era la mia stanza, ma non potevo esserne certa: ero rimasta svenuta per un bel po’ e adesso ero vestita (unicamente) di nastro adesivo sugli occhi. Mi presero su un materasso disteso sul pavimento; un giochino di gruppo con modeste variazioni di sadismo… che io ignorai, occupata com’ero col metodo C.
Mentalmente li chiamai «Capoccia» (sembrava il boss), «Rocks» (quello era il nome che gli davano gli altri; probabilmente aveva i sassi in testa), «Corto» (nei due sensi) e «l’altro», visto che costui non possedeva caratteristiche particolari.
Me li lavorai tutti quanti, recitando, è ovvio: prima riluttante, costretta, forzata; poi poco per volta, la passione ti travolge e non puoi farci niente. È una routine che fa effetto su qualunque uomo; se la bevono tutti; ma lavorai con impegno particolare su Capoccia, perché speravo di poter raggiungere il rango di cucciolo preferito del boss, o qualcosa del genere. Capoccia non era troppo male; i metodi B e C si combinarono in modo armonioso.
Però lavorai ancora più sodo su Rocks, perché con lui bisognava combinare il C con l’A: il suo fiato faceva schifo. E anche per altri versi non era un modello di pulizia; mi occorse un grosso sforzo per ignorare la cosa e imbastire risposte che gratificassero il suo ego di macho.
Tornato allo stato flaccido, Rocks disse: — Mac, stiamo perdendo tempo. Questa vacca si diverte.
— Allora togliti e dai un’altra possibilità al ragazzo. È pronto.
— Non ancora. Le allungo due sberle così ci prende sul serio. — Mi mollò un rovescio potente sul lato sinistro della faccia. Io uggiolai.
— Piantala! — La voce di Capoccia.
— E chi lo dice? Mac, stai diventando troppo tenero di cuore.
— Lo dico io. — Era una voce nuova, molto forte, amplificata. Senza dubbio usciva dall’impianto audio del soffitto. — Rocky, Mac è il caposquadra, lo sai. Mac, mandami Rocky. Voglio scambiare una parola con lui.
— Maggiore, cercavo solo di dare una mano!
— L’hai sentito, Rocks — disse calmo Capoccia. — Tira su i pantaloni e muoviti.
Di colpo, il peso dell’uomo non era più su di me, e il suo fiato puzzolente non era più sulla mia faccia. La felicità è relativa.
La voce dal soffitto parlò di nuovo: — Mac, è vero che la signorina Friday si gode la piccola cerimonia che abbiamo organizzato per lei?
— È possibile, Maggiore — rispose lentamente Capoccia. — Almeno sembra.
— Tu cose ne dici, Friday? È il tuo modo di andare su di giri?
Non risposi alla domanda. Cominciai invece a discutere di lui e della sua famiglia nei dettagli, con un’attenzione particolare per sua madre e per sua sorella. Se gli avessi detto la verità (che Capoccia sarebbe stato piuttosto gradevole in circostanze diverse, che Corto e l’altro uomo non avevano nessunissima importanza, ma che Rocks era uno schifoso porcaccione che avrei terminato alla prima occasione) avrei mandato all’aria il metodo C.
— Altrettanto a te, dolcezza — ribatté allegramente la voce. — Odio deluderti, ma sono nato in provetta. Non ho neanche una moglie, tanto meno una madre o una sorella. Mac, mettile le manette e gettale addosso una coperta. Ma niente iniezioni. Più tardi le parlerò.
Dilettante. Il mio boss non avrebbe mai avvertito un prigioniero di aspettarsi un interrogatorio.
— Ehi, figlio di una provetta!
— Sì, tesoro?
Lo accusai di un vizio che non richiede madre o sorella ma che è anatomicamente possibile, a quanto mi dicono, per certi maschi. La voce rispose: — Tutte le sere, dolcezza. È molto rilassante.