«Mmm...» Calò il silenzio, interrotto soltanto dal borbottio della pentola. A un certo punto. Gertrude tolse la zuppa dal fuoco e ne versò una scodella a Eragon, porgendogli anche un cucchiaio. Lui l'accettò volentieri e sorbì una cauta cucchiaiata. Era squisita.
Quando ebbe finito, chiese: «Posso andare a trovare Garrow adesso?»
Gertrude sospirò. «Sei un ragazzo ostinato, eh? Be', se proprio lo desideri, non ti fermerò. Vestiti, ti accompagno.»
Lei si voltò mentre lui si infilava le braghe a fatica; strinse i denti quando gli strusciarono sulle bende. Poi toccò alla camicia, e Gertrude lo aiutò ad alzarsi. Sentiva le gambe deboli, ma non gli facevano più male come prima.
«Prova a fare qualche passo» gli ordinò lei, poi osservò secca: «Almeno non dovrai strisciare fino da Horst.»
Fuori, il vento gli soffiò sul viso il fumo che si spandeva dalle costruzioni vicine. Nubi di temporale nascondevano la Grande Dorsale e coprivano la valle, mentre un fronte nevoso avanzava verso il villaggio, oscurando le colline, Eragon si appoggiò con tutto il suo peso a Gertrude mentre percorrevano le vie del villaggio.
Horst aveva costruito la sua casa a due piani su una collina, per poter godere del panorama sulle montagne. Ci aveva messo tutta la sua arte. Il tetto di scisto spioveva su un balcone con la ringhiera, che si apriva davanti a un'alta finestra al secondo piano. Ogni pluviale aveva la forma di un gargoyle, e ogni porta e finestra era incorniciata da intagli di serpenti, cervi, corvi e rampicanti, Ad aprire la porta fu Elain, la moglie di Horst, una donna piccola e minuta, dai lineamenti delicati, i biondi capelli serici raccolti in una crocchia. Il suo abito era semplice e pulito, i suoi movimenti aggraziati. «Prego, entrate» disse con voce dolce. Varcarono la soglia e si trovarono in un'ampia stanza bene illuminata. Una scala dalla balaustra lucida si curvava fino al pavimento. Le pareti erano color miele. Elain scoccò a Eragon un sorriso mesto, ma si rivolse a Gertrude: «Stavo proprio mandando a chiamarti. Non sta bene. Devi vederlo subito.»
«Elain, ti spiacerebbe aiutarlo a salire le scale?» disse Gertrude, e si affrettò a salire i gradini a due a due.
«Non importa, posso farcela da solo» disse Eragon.
«Sicuro?» domandò Elain. Lui annuì, ma lei parve esitare. «D'accordo.,. ma non appéna hai finito, scendi da me in cucina. Ho appena fatto una crostata che ti piacerà.» Non appena la donna scomparve oltre una porta, Eragon si appoggiò al muro, sfinito. Poi prese a salire le scale, un passo doloroso dopo l'altro. Quando fu in cima, vide un lungo corridoio su cui si affacciavano parecchie porte. L'ultima era socchiusa. Trasse un respiro profondo e si avviò da quella parte. C'era Katrina accanto a un camino, intenta a far bollire delle pezze. La ragazza alzò lo sguardo, mormorò il suo dispiacere, poi tornò al suo lavoro. Gertrude era accanto a lei, intenta a pestare erbe per un impiastro. Un secchio ai suoi piedi conteneva neve che si stava sciogliendo nell'acqua fredda. Garrow giaceva a letto, sotto una montagna di coperte. La sua fronte era madida di sudore, e sotto le palpebre chiuse gli occhi tremolavano, ciechi. La pelle del volto era tesa come quella di un cadavere. Era immobile; solo un lieve tremore tradiva il suo respiro affannato. Eragon toccò la fronte dello zio, sentendosi remoto, strano. Scottava. Alzò con apprensione le coperte e vide che le ferite èrano state fasciate. Dove stavano cambiando le bende, le ustioni erano esposte. Non avevano ancora cominciato a rimarginarsi. Eragon guardò Gertrude con occhi disperati. «Non puoi fare niente per queste?»
La donna immerse una pezza nel secchio d'acqua gelata, la strizzò e la posò sulla fronte di Garrow. «Ho provato di tutto: balsami, impiastri, tinture, ma non è servito a niente. Se le ferite si rimarginassero, avrebbe maggiori probabilità. Tuttavia le cose possono ancora migliorare. È un uomo forte e resistente.»
Eragon si spostò in un angolo e si lasciò scivolare fino a terra.
Qualche tempo dopo la porta si aprì ed entrò Horst. Parlò con Gertrude a bassa voce, poi si avvicinò a Eragon. «Andiamo. Devi uscire di qui.» Prima che Eragon potesse protestare. Horst lo trasse in piedi e lo condusse alla porta.
«Io voglio restare» piagnucolò il ragazzo.
«Hai bisogno di una pausa e di un po' d'aria fresca. Non preoccuparti, potrai tornare presto» lo consolò Horst.