«Eragon!» Il ragazzo trasalì nel sentirsi chiamare. Gli stranieri si bloccarono, sibilando. Brom arrivò da una traversa, a testa nuda, il bastone in mano. Dov'era non poteva vedere gli stranieri. Eragon tentò di avvertirlo, ma la sua lingua e le sue mani erano paralizzate. «Eragon!» esclamò ancora il vecchio. Gli stranieri scoccarono un'ultima occhiata a Eragon; poi scivolarono via tra le case. Eragon crollò a terra, tremante. Aveva la fronte imperlata di sudore e sentiva un gran freddo. Il vecchio gli tese la mano e lo aiutò ad alzarsi. «Ragazzo, che ti prende? Ti senti bene?» Eragon deglutì e annuì senza parlare. Si guardò intorno, in cerca di qualcosa di insolito. «All'improvviso ho avuto un capogiro... è passato. Strano... non so come è successo.» «Ti rimetterai» disse Brom. «ma forse è meglio che te ne torni a casa.»
«Allora per te non c'è posto migliore di casa. È una lunga camminata, ma una volta arrivato, sono sicuro che ti sentirai meglio. Vieni, ti accompagno sulla strada.» Eragon non protestò quando il vecchio lo prese per un braccio, guidandolo in fretta. La neve crepitava sotto il bastone di Brom. «Perché mi stavi cercando?»
Brom si strinse nelle spalle. «Pura curiosità. Ho saputo che eri in città e mi chiedevo se ti eri ricordato il nome di quel mercante.»
Eragon la strinse, ma quando fece per tirare indietro il braccio, qualcosa s'impigliò nella mano di Brom e gli sfilò il guanto di lana, che cadde in terra. Il vecchio si chinò a raccoglierlo. «Che sbadato» si scusò, e lo porse a Eragon. Non appena il ragazzo lo prese, le dita robuste di Brom si chiusero sul suo polso e lo girarono di scatto. Per un istante, l'ovale argenteo sul suo palmo fu ben visibile. Gli occhi di Brom scintillarono, ma lasciò che Eragon ritraesse la mano e si rimettesse il guanto.
«Arrivederci» borbottò Eragon, turbato, e si avviò di corsa. Alle sue spalle, sentì Brom fischiettare un allegro motivetto.
SULLE ALI DEL DESTINO
L
a mente di Eragon era in tumulto, mentre correva a perdifiato verso casa, sempre più ansante. Calpestando a grandi falcate il terreno gelato, cercò di dilatare la mente in cerca di Saphira, ma la dragonessa era ancora troppo lontana per stabilire un contatto. Pensò a quello che
avrebbe detto a Garrow. Non aveva scelta, ormai: doveva rivelargli l'esistenza di Saphira. Arrivò a casa senza fiato, con il cuore che gli batteva all'impazzata. Garrow era accanto alla stalla, con i cavalli. Eragon esitò.
Lui le toccò la spalla e chiuse gli occhi. Sforzandosi di restare calmo, le raccontò in fretta che cos'era successo. Quando arrivò agli stranieri, Saphira trasalì. S'impennò sulle zampe di dietro e lanciò un ruggito assordante, agitando la coda, che gli mancò la testa di un soffio. Eragon indietreggiò sorpreso e si chinò per schivare un altro colpo di coda, che sollevò una nube di neve polverizzata. La creatura emanava spaventose ondate di terrore e ferocia.