Il problema era convincere Garrow e Roran a permettergli di tenere il drago. Nessuno dei due sarebbe stato favorevole a una cosa del genere.
Finalmente deciso, si addormentò con il drago accoccolato al fianco. :
All'alba, trovò il drago appollaiato sulla colonnina del letto, come un'antica sentinella intenta a salutare il nuovo giorno. Eragon ammirò il suo colore. Non aveva mai visto un blu così limpido e intenso. Le sue squame splendevano come centinaia di pietre preziose. Il ragazzo notò che l'ovale bianco sul palmo della mano, dove aveva toccato il drago, riluceva argenteo. Pensò di poterlo nascondere tenendo le mani sporche.
Il drago si lanciò dalla colonnina e atterrò sul pavimento, Eragon lo prese e uscì dalla casa silenziosa, fermandosi solo per prendere dell'altra carne, qualche correggia di cuoio e diversi stracci. L'aria del mattino era frizzante; tino strato di neve fresca ricopriva la fattoria. Sorrise quando dal rifugio sicuro delle sue braccia la creatura si guardò intorno con curiosità. Attraversò i campi di corsa e s'inoltrò nell'oscura foresta, in cerca di un luogo protetto dove nascondere il drago. Alla fine trovò un sorbo rosso solitario in cima a una collinetta brulla, i rami grigi coperti di neve che svettavano come dita scheletriche verso il cielo. Posò il drago alla base del tronco.
Con dita abili ed esperte, usando le cinghie di cuoio, intrecciò un cappio che fece passare sulla testa del drago, intento a esplorare i mucchietti di neve attorno all'albero, il cuoio era consumato, ma avrebbe retto. Eragon osservò il drago annaspare nel tentativo di spostarsi: allora sciolse il cappio e ne fece invece una briglia, perché la creatura non si strangolasse. Poi raccolse una bracciata di rametti e ricostruì sopra l'albero un piccolo rifugio, che foderò di stracci e riempì di carne secca. L'albero ondeggiò sotto il suo peso; sul viso gli piovve una cascatella di neve. Allora sistemò altri stracci sull'apertura del rifugio per mantenerlo caldo e osservò compiaciuto l'opera finita. «È ora di mostrarti la tua nuova casa» disse, e scese a prendere il drago. La creatura subito cercò di divincolarsi, poi entrò nel rifugio e mangiò un pezzo di carne, si rannicchiò e lo guardò con aria schiva. «Finché resterai qui, andrà tutto bene» disse Eragon. Il drago continuò a fissarlo. Sicuro di non essere stato capito, Eragon lasciò libera la mente finché non avvertì la coscienza del drago. Ancora una volta provò una terribile sensazione di apertura, uno spazio così immenso da opprimerlo come una coltre pesante. Appellandosi a tutte le sue forze, si concentrò sul drago per imprimergli nella coscienza un unico concetto:
Scese dall'albero e si allontanò, gettandosi continue occhiate alle spalle. Il drago fece capolino dal rifugio e lo guardò con gli occhi spalancati.
Tornato di corsa a casa, Eragon sgattaiolò in camera sua per sbarazzarsi dei frammenti d'uovo. Era sicuro che Garrow e Roran non avrebbero notato l'assenza della pietra: l'avevano dimenticata non appena avevano saputo di non poterla vendere. Quando si svegliarono. Roran disse di aver sentito dei rumori nella notte, ma con grande sollievo di Eragon, non insistette.
L'entusiamo aiutò Eragon a far passare in fretta la giornata. La facilità con cui era riuscito a nascondere il segno sulla mano lo liberò da ogni preoccupazione. Ben presto tornò al sorbo rosso, portando con sé delle salsicce che aveva sottratto dalla dispensa. Si avvicinò all'albero con apprensione.