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Uno squittio acuto lacerò il silenzio. Un attimo dopo era già in piedi, con il coltello sguainato. Cercò a tentoni la scatola con l'acciarino e accese una candela. La porta della stanza era chiusa. Lo squittio era troppo forte per appartenere a un topo o a un ratto, ma controllò lo stesso sotto il letto. Niente. Si sedette sul bordo del materasso e si strofinò gli occhi. Un altro squittio lo fece sobbalzare.

Da dove veniva quel rumore? Non poteva esserci niente nelle pareti o nel pavimento: erano fatti di legno massiccio. Lo stesso valeva per il letto, e comunque se ne sarebbe accorto, se qualcosa si fosse intrufolato nel materasso di paglia durante la notte. Il suo sguardo si posò sulla pietra. La prese dalla mensola e cominciò ad accarezzarla distrattamente, mentre esaminava la stanza. Un altro squittio gli trillò nelle orecchie e gli riverberò nelle dita: veniva dalla pietra.

Quella cosa non gli aveva procurato che rabbia e delusione, e adesso non lo faceva nemmeno dormire! La pietra ignorò il suo sguardo furente e continuò a emettere qualche raro pigolio. Poi diede in un ultimo sonoro squittio e tacque. Eragon la rimise al suo pósto e tornò sotto le coperte. Qualunque fosse il segreto della pietra, avrebbe dovuto aspettare la mattina dopo. La luna filtrava dalla finestra quando Eragon si svegliò ancora. La pietra dondolava furiosamente sulla mensola, cozzando contro la parete. I freddi raggi lunari le davano un colore translucido. Eragon balzò fuori dal letto con il coltello in pugno. Il movimento cessò, ma il ragazzo rimase in guardia. Poi la pietra ricominciò a squittire e a vibrare più forte di prima.

Eragon lanciò un'imprecazione e si vestì in fretta e furia. Non gli importava quanto valesse quella pietra: l'avrebbe portata lontano e seppellita. Le oscillazioni cessarono di nuovo; la pietra si acquietò. Poi ebbe un fremito, s'inclinò in avanti e cadde sul pavimento con un tonfo. Eragon fece un passo verso la porta, mentre la pietra rotolava verso di lui.

A un tratto, sulla superficie comparve una crepa. Poi un'altra, e un'altra ancora. Affascinato, Eragon si chinò per osservarla, il coltello sempre stretto in pugno. In cima, dove s'incontrava la ragnatela di fessure, un piccolo frammento sussultò, come se fosse in equilibrio, si sollevò e infine cadde sul pavimento. Dopo un'altra serie di squittii, dal foro sbucò una piccola testa nera, seguita da un bizzarro corpo contorto. Eragon strinse il coltello ancora più forte. In pochi istanti la creatura sgusciò del tutto fuori dalla pietra. Restò immobile per un attimo, poi guizzò verso la luce della luna.

Eragon si ritrasse, sbigottito. Davanti a lui, intento a leccar via la membrana che lo ricopriva, c'era un drago.

RISVEGLIO

I

l drago era lungo appena quanto il suo avambraccio, eppure aveva un'aria nobile e dignitosa. Le sue squame erano blu zaffiro, lo stesso colore della pietra. Anzi, ormai era chiaro: non una pietra, un uovo. Il drago dispiegò le ali; ecco perché al principio il suo corpo gli era sembrato

deforme. Le ali erano parecchie volte più lunghe del corpo, listate di sottili nervature d'osso che si estendevano dal bordo davanti, formando una serie di artigli distanziati. La testa del drago era triangolare; dalla mascella superiore spuntavano due piccole e bianche zanne affilate. Anche le unghie erano bianche come lucido avorio, e ricurve. Lungo la spina dorsale della creatura, dalla base della testa fino alla coda, correva una cresta di punte acuminate. Dove le spalle si univano al collo, le punte erano più distanziate che altrove: lì lasciavano uno spazio vuoto, Eragon si mosse appena, e il drago girò la testa di scatto e lo fissò con i suoi profondi occhi azzurro ghiaccio. Il ragazzo rimase immobile. Se la creatura avesse deciso di attaccare, sarebbe stata un'avversaria formidabile.

Il drago perse subito interesse per Eragon e cominciò a esplorare la stanza. Si muoveva con difficoltà e squittiva quando urtava contro un mobile o una parete. Con un frullo d'ali, balzò sul letto e strisciò verso il cuscino, pigolando. La sua bocca spalancata aveva un che di commovente, come il becco di un pulcino, ma era irta di denti aguzzi, Eragon si sedette ai piedi del letto. Il drago gli annusò la mano e gli addentò piano la manica. Eragon ritrasse il braccio.

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Андрей Боярский

Попаданцы / Фэнтези / Бояръ-Аниме