«Sebbene nessun nemico potesse distruggerli, non seppero guardarsi da se stessi. E venne il giorno in cui, al culmine della loro potenza, nacque un maschio di nome Galbatorix nella provincia di Inzilbèth, che non esiste più.. All'età di dieci anni venne messo alla prova, com'era usanza, e si scoprì che possedeva un grande potere. I Cavalieri lo accolsero come uno di loro. «Lo istruirono e lo addestrarono, e il giovane si dimostrò superiore a tutti gli altri allievi. Di mente acuta e fisico gagliardo, in breve tempo conquistò il suo posto fra i ranghi dei Cavalieri. Qualcuno considerò pericolosa quella sua rapida ascesa e ammonì gli altri, ma i Cavalieri ignorarono la cautela, poiché il potere li aveva resi arroganti. Ahimè, quel giorno fu concepita la sventura. «Poco dopo aver completato l'addestramento. Galbatorix intraprese un viaggio insieme a due amici. Volarono a nord, notte e giorno, ed entrarono nel territorio degli Urgali, pensando, stolti, che i loro nuovi poteri li avrebbero protetti. Su una spessa coltre di ghiaccio, che nemmeno il sole d'estate aveva sciolto, furono colti nel sonno da un'imboscata. I suoi amici e i loro draghi vennero massacrati, e anche Galbatorix subì gravi ferite, ma riuscì lo stesso a uccidere i suoi aggressori. Purtroppo, durante la battaglia, una freccia vagante colpì il cuore del suo drago. Egli non conosceva le arti per salvarla, e la povera creatura spirò fra le sue braccia, Ecco come venne piantato il seme della follia.»
Il cantastorie si strinse le mani e si guardò intorno lentamente, il volto illuminato appena dalle tremule luci dei falò. Il racconto proseguì come la triste recita di un requiem.
«Solo, fiaccato nel corpo e nello spirito, impazzito di dolore. Galbatorix vagò disperato in quella landa desolata, invocando la morte. Ma la morte non rispose, malgrado egli si avventasse impavido contro ogni forma vivente. Gli Urgali e gli altri mostri impararono presto a fuggire quell'essere tormentato. Nel frattempo Galbatorix cominciò a credere che i Cavalieri gli avrebbero assegnato un altro drago. Spinto da questo pensiero, intraprese l'ardua via del ritorno, a piedi, attraverso la Grande Dorsale. Gli ci vollero mesi per valicare il territorio che aveva sorvolato senza affanni sul dorso di un drago. Poteva ancora fare ricorso alla magia per cacciare, ma spesso camminava in luoghi dove gli animali non passavano. Quando infine giunse ai piedi delle montagne, era prossimo alla morte. Un contadino lo trovò svenuto nel fango e convocò i Cavalieri.
«Lo portarono privo di sensi nelle loro terre, e il suo corpo fu sanato. Dormì quattro giorni. Al risveglio, nulla faceva supporre che fosse impazzito. Quando venne condotto davanti al consiglio riunitosi per giudicarlo. Galbatorix chiese un altro drago. La disperazione della sua richiesta rivelò la sua follia, e il consiglio lo riconobbe per quello che era. Di fronte a tale diniego. Galbatorix, attraverso la lente distorta della sua mente malata, cominciò a credere che fosse colpa dei Cavalieri se il suo drago era morto. Da quel momento, lunghe notti passò a escogitare il piano per la vendetta.»
La voce di Brom divenne un sussurro ipnotico.