Adesso la piccola stella bianco-azzurra si era spostata di parecchi gradi rispetto a Deimos, e rimpiccioliva, rapidamente a mano a mano che si allontanava verso il Sole… e verso la Terra.
Il Sole si affacciò in quel momento sull’orizzonte orientale. Subito le alte piante verdi si riscossero dal loro sonno, sonno che era già stato interrotto dal meteorico passaggio di Phobos. Gibson guardò ancora una volta la stella in movimento e alzò la mano in un addio silenzioso.
«Su, vieni, Quiicc» disse. «È ora di tornare. Ho molte cose da lare, sai?» Con le dita guantate grattò le orecchie del piccolo Marziano. «E lo stesso si può dire di te» aggiunse. «Tu non lo sai ancora, ma anche per te ci sarà molto lavoro.»
L’uomo e il Marziano tornarono insieme verso le grandi cupole, che brillavano debolmente nelle prime luci del mattino. Adesso che Hadfield se n’era andato e un altro era seduto al suo posto, a Porto Lowell tutto sarebbe stato diverso.
Gibson si fermò di colpo. Per un attimo fu come se vedesse nel futuro. Chi sarebbe stato il Presidente di Marte quando il
La risposta arrivò simultanea alla domanda, e Gibson capì che cosa lo aspettava al termine della strada lungo la quale si era incamminato. Forse un giorno il compito, e il privilegio, di continuare l’opera che Hadfield aveva iniziato sarebbero stati suoi.
Martin Gibson, scrittore, giornalista, ex-terricolo, riprese il cammino verso Porto Lowell con passo più deciso e più agile, e la sua ombra si confondeva con quella di Quiicc che gli saltellava accanto. In alto, nel cielo, le ultime foschie della notte si dissipavano, e tutt’attorno le alte piante senza fiori rivolgevano la faccia al Sole.