Si salutarono, e Norden scomparve oltre la porta stagna. Gibson si accorse di provare suo malgrado una punta d’invidia al pensiero di tutte le cose verso cui l’altro tornava. Tutte le bellezze della Terra, che sino a quel momento lui aveva, se non disprezzate, certo accettate come fatti acquisiti, di normale amministrazione, erano lontanissime per Gibson. Lontane nel tempo e nello spazio. Forse sarebbero passati anni prima che potesse rivederle.
Doveva ancora salutare due persone. Quelli sarebbero stati i commiati più difficili. Nel suo ultimo incontro con Hadfield sarebbe stato opportuno dare prova di delicatezza e di tatto particolari. Il paragone di Norden, pensò, era giusto: sarebbe stato quasi come intervistare un re detronizzato sul punto di partire per l’esilio.
In realtà le cose si svolsero molto diversamente. Hadfield si dimostrò padrone della situazione come sempre e non sembrava affatto preoccupato del suo avvenire. Quando Gibson entrò dal Presidente, Hadfield stava finendo di mettere ordine nelle sue carte. La stanza aveva un aspetto nudo e squallido, e in un angolo c’erano tre cesti pieni di moduli e di promemoria stracciati. Il giorno dopo Whittaker sarebbe entrato in quella stanza con funzioni di presidente
«Ho letto adesso la vostra relazione circa l’
«Farò del mio meglio con tutta la mia buona volontà» disse Gibson, soddisfatto ma un po’ preoccupato di non riuscire a far fronte a tante nuove responsabilità. Il fatto però che il Presidente gli avesse affidato quell’incarico era confortante: significava che Hadfield, almeno, era convinto che lui fosse in grado di portarlo a termine.
Mentre stavano discutendo di dettagli amministrativi, Gibson capì che Hadfield pensava di restare assente da Marte un anno al massimo. Il Presidente dava l’impressione di considerare quel viaggio sulla Terra come una vacanza meritata, che gli spettava di diritto e che era stata rimandata troppo a lungo. Gibson si augurò che quell’ottimismo trovasse una conferma nei fatti.
Verso la fine, la conversazione scivolò fatalmente su Irene e Jimmy. Quel lungo viaggio di ritorno insieme avrebbe dato a Hadfield la possibilità che lui desiderava di studiare a fondo il futuro genero, e Gibson si augurò che Jimmy sapesse mostrarsi all’altezza della situazione. Era chiaro che Hadfield considerava questo lato del viaggio con divertito interesse. Come fece osservare a Gibson, se Irene e Jimmy fossero riusciti ad andare sempre d’accordo durante i tre mesi di stretta convivenza a bordo dell’
Nel lasciare l’ufficio Gibson si augurò di avere espresso in modo chiaro al Presidente la sua simpatia e la sua comprensione. Hadfield sapeva che tutto Marte lo spalleggiava, e che Gibson avrebbe fatto del suo meglio per ottenergli anche la comprensione della Terra. Il giornalista guardò la scritta dipinta senza pretese sulla porta. Nessuno l’avrebbe cambiata, comunque fossero andate le cose, perché la scritta stava a indicare un incarico, non un uomo determinato. Per dodici mesi circa, Whittaker avrebbe lavorato dietro quella porta come governatore democratico di Marte ed entro limiti ragionevoli anche come coscienzioso servitore della Terra. Chiunque avesse occupato quel posto, la scritta sarebbe rimasta immutata. Era un’altra delle opinioni ben radicate di Hadfield che il posto fosse importante e non l’uomo che lo occupava. Per quanto, pensò Gibson, non l’avesse poi messa in pratica con scrupolosa esattezza, dato che l’anonimato non era certo tra le caratteristiche di Hadfield.
L’ultimo razzo per Deimos partì tre ore più tardi trasportando Hadfield, Irene e Jimmy.