Kate Wilhelm
La casa che uccide
1
In aprile accaddero tre cose che convinsero Beth Elringer a presenziare alla festa di compleanno del marito Gary. La prima fu che perse il lavoro a causa della rottura di una macchina da stampa della casa editrice presso la quale lavorava come editor. Beth e Margaret Long, la sua datrice di lavoro, erano sedute l’una di fronte all’altra nel séparé di un ristorante messicano. Mentre Margaret parlava, Beth giocherellava con il cibo che aveva nel piatto.
«Non ce la faccio più ad andare avanti così» disse Margaret con un’aria stravolta. «Siamo stati in piedi tutta la notte, poi quella maledetta macchina si è rotta e con lei sono saltate anche tutte le scadenze di lavoro.»
«Perché non mi hai chiamato?»
«Sai riparare una macchina da stampa? Si è rotta una puleggia motrice. Mike ha detto che ci vorranno tre settimane per sostituirla con una nuova, sempre ammesso che avremo i soldi per farlo.»
«Cosa pensi di fare?»
«Dio solo sa quanto vorrei saperlo. Beth, cara, è meglio che cominci a cercarti un altro lavoro. Non so davvero dirti se questa sarà la goccia che farà traboccare il vaso, ma ho la sensazione che sia così.»
A Beth piaceva lavorare come editor. Stava seguendo un libro di poesia che amava particolarmente, ma l’autore non avrebbe mai visto pubblicata la sua opera se la Long Press avesse chiuso.
La seconda circostanza si presentò due giorni dopo, quando suo fratello Larry le chiese un prestito. Ebbe un sussulto quando le disse di che somma aveva bisogno. Era sceso in sciopero, e lui e la moglie avevano contratto dei debiti. Avrebbe perso la casa e tutto quello che aveva se non li avesse estinti almeno in parte.
La terza circostanza avvenne qualche giorno dopo ancora, quando Beth trovò il suo gatto morto. Ne fu sconvolta e pianse. Sapeva che avrebbe potuto trovare un altro lavoro, e per aiutare il fratello aveva già chiesto un prestito alla banca, ma non c’era nulla che potesse fare per il gatto. Se non fosse stata così assorbita dal lavoro e dal prestito si sarebbe accorta che era malato, forse intossicato. Lo avrebbe portato da un veterinario invece di trovarlo morto stecchito sul pavimento della cucina.
Quella sera esaminò il contratto che aveva stipulato con la Bellringer Company quando Gary le aveva riservato una partecipazione azionaria. C’erano solo nove azionisti, e si diceva che la società valesse milioni di dollari. Beth sapeva che anche una sola azione valeva una fortuna, e lei possedeva una quota. Il contratto prevedeva che se avesse voluto cedere l’unica quota in suo possesso avrebbe dovuto offrirla prima a Gary, senza informare nessun altro della sua intenzione di vendere. Lesse il documento due volte e annuì. "Alla festa di Gary" decise. Era quello il momento giusto per dirglielo. Gary sarebbe stato di buon umore, felice per l’aria di festa di quel fine settimana, compiaciuto del fatto che fosse presente anche lei. Gary aveva previsto che sarebbe ritornata da lui, e la sicurezza con cui le aveva annunciato che si sarebbe pentita e sarebbe tornata a casa l’aveva fatta montare su tutte le furie. Rilesse nuovamente il contratto. Se lei e Gary non si fossero accordati su una cifra per l’acquisto della sua quota, allora avrebbe potuto comunicare le sue intenzioni alla successiva assemblea degli azionisti e accettare l’offerta che eguagliava o superava l’offerta del marito. L’assemblea degli azionisti si sarebbe tenuta il lunedì dopo i festeggiamenti per il compleanno di Gary. Se neppure allora fosse stato raggiunto un prezzo soddisfacente, un commercialista esterno alla Bellringer Company avrebbe fissato il valore di mercato delle azioni, e sarebbe stata l’intera società a liquidarle la cifra in base alla percentuale delle quote dei vari azionisti. In pratica si sarebbero divisi la sua quota. Beth però sapeva che non sarebbero mai arrivati a questo perché Gary avrebbe afferrato al volo l’occasione, e, se non lui, l’avrebbe fatto il fratello Bruce.