Frank fece vedere il computer portatile, sperando che l'alieno lo riconoscesse, e sapesse cosa farne. Era un azzardo. Certo Frank non avrebbe riconosciuto un attrezzo agricolo italiano del 1800, appartenente a una cultura che non era la sua; non c'era motivo di pensare che il nuovo arrivato riconoscesse un computer Tosok di due secoli.
L'alieno allungò una delle sue lunghe braccia — dal modo in cui si muoveva, sembrava che avesse delle giunture ogni venticinque centimetri circa, piuttosto che essere un tentacolo di muscolo. Frank prese fiato e continuò ad accorciare la distanza che li divideva. L'alieno indossava veramente una sorta di tuta spaziale, di un tessuto argentato. Vicino al punto in cui le gambe erano attaccate al tronco però, c'erano delle fessure aperte; da lì Frank vide la vera pelle della creatura, squamosa e giallo oro. Le strisce aperte consentivano all'alieno di vedere — Frank notò su ogni gamba un paio di occhi ovali, uno sopra all'altro. Gli occhi avevano delle palpebre che si chiudevano da sinistra a destra, ma due occhi sulla stessa gamba non si chiudevano mai simultaneamente. I serbatoi di gas erano attaccati direttamente alla tuta alla base di ogni gamba; presumibilmente i sei orifizi respiratori della creatura si trovavano lì.
Frank continuava a tenere il computer davanti a sé. Data l'altezza ridotta dell'alieno, poteva guardarlo bene da sopra. Sembrava proprio avere una perfetta simmetria radiale; se aveva una parte frontale privilegiata, non ce n'era segno. Un braccio si allungò verso Frank. Anche se l'estremità era coperta dallo stesso materiale argentato, Frank vide che era biforcuta. Le due diramazioni presero facilmente il computer dalla sua mano. La tuta era calda, al tatto; irradiava il calore in eccesso — forse l'alieno veniva da un mondo più freddo di questo.
L'alieno ripiegò il braccio, portando il computer davanti a un paio dei suoi occhi ovali. Lo girò, probabilmente non essendo sicuro di come tenerlo. Frank si sentì sconsolato — evidentemente dovevano ripartire dai disegni, per cercare di imparare a comunicare.
All'improvviso dalla nave emerse una seconda stella marina. Andò velocemente incontro a Frank, ruotando mentre si avvicinava. Quando arrivò, Frank si accorse che in una delle mani aveva un oggetto — un apparecchio che aveva esattamente lo stesso tipo di connettore a tre fori che lui ormai associava alla tecnologia Tosok. Il secondo alieno prese il computer di Hask dal suo compagno e lo collegò al congegno che aveva portato. Su entrambi gli apparecchi iniziarono a lampeggiare delle luci.
Frank si accorse del brusio acuto, appena percettibile. All'inizio pensò che venisse dal computer di Hask, ma presto i suoi orecchi individuarono meglio la fonte. Evidentemente i due alieni stavano conversando, usando soprattutto ultrasuoni. Il brusio veniva da uno e dall'altro in alternanza.
Le luci sul computer di Hask smisero di lampeggiare. Il secondo alieno lo staccò dall'apparecchio che aveva portato, e lo passò a Frank. Frank era sorpreso, ma lo prese. L'alieno passò il secondo apparecchio al primo alieno, poi si allontanò di una decina di metri indietro, ruotando.
Il brusio del primo alieno riprese, e in pochi secondi la voce sintetizzata che Frank associava ad Hask emerse dall'apparecchio che la stella marina stava tenendo. «Mi capisci?» disse la voce.
«Sì» disse Frank, con il cuore che gli batteva forte per l'emozione.
«Non c'è modo di pronunciare il mio vero nome nella gamma vocale Tosok con cui apparentemente comunicate. Per favore assegnami un nome di cui puoi ripetere il suono.»
Frank si sentì temporaneamente spiazzato. «Vediamo… Tony. Ti chiamerò Tony.»
«Tony. E tu sei?»
«Frank.»
«Siamo venuti appena abbiamo ricevuto il messaggio Tosok. Dall'orbita ho visto che non siamo arrivati troppo tardi.»
«Troppo tardi?»
«Per evitare che la vita fosse cancellata dal vostro pianeta.»
«Siete venuti per evitarlo?»
«Sì. I Tosok hanno tentato di sterminare anche noi. Noi siamo… resistenti. Sono stati sottomessi.»
Frank sentì che sorrideva. «Benvenuto sulla Terra, amico.»
I nuovi alieni — già battezzati
A bordo della bella astronave c'erano ventisei Twirlers, ma era Tony l'unico a comunicare con l'umanità. E quel giorno Tony parlava all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Era davanti allo stesso leggio che Kelkad aveva usato anni prima, il grande simbolo del pianeta su cui era recentemente arrivato era dietro di lui, circondato da foglie di ulivo.