Lo Spettro stava già assaporando la vittoria quando il vento mutò e soffiò verso gli elfi, portando con sé il fetore degli Urgali. I cavalli sbuffarono allarmati e scossero la testa con violenza. I cavalieri si irrigidirono, i loro occhi guizzarono da un lato e dall'altro; poi fecero voltare le cavalcature e presero a fuggire al galoppo.
Il cavallo della dama galoppava più veloce degli altri e in breve li distaccò. Gli Urgali uscirono allo scoperto e scoccarono un nugolo di frecce nere. Lo Spettro balzò fuori dall'albero, levò la mano destra e gridò: «Garjzla!»
Dal suo palmo sfrecciò in direzione dell'elfa un globo infuocato, che al suo passaggio tinse gli alberi di luce sanguigna. Il globo colpì il cavallo, che si arrestò con un nitrito di dolore e cadde di schianto. La dama balzò dalla sella con rapidità inumana, atterrò con grazia e si volse a guardare la sua scorta.
Le frecce letali degli Urgali disarcionarono i due elfi, che caddero dai nobili destrieri lasciando una pozza di sangue nella polvere. Quando gli Urgali si avventarono sugli elfi uccisi, lo Spettro gridò: «Prendetela! È lei che voglio!» I mostri ringhiarono e continuarono a correre lungo il sentiero. L'elfa si lasciò sfuggire un gemito roco quando vide i compagni morti. Fece un passo verso di loro, poi maledisse i suoi nemici e fuggì dentro la foresta.
Mentre gli Urgali sciamavano fra gli alberi, lo Spettro sì arrampicò su di uno sperone di granito che dominava sugli alberi, per avere una visuale completa. Levò una mano e gridò: «Bòetq istalri!» Uno spicchio di foresta, ampio un quarto di miglio, prese fuoco all'istante. Con uno sguardo feroce e concentrato, lo Spettro incendiò uno spicchio dopo l'altro fino a formare un anello di fuoco del diametro di mezza lega tutt'intorno al luogo dell'agguato. Le fiamme rosseggiavano come una corona d'oro sulle chiome degli alberi. Soddisfatto, continuò a fissare l'anello, per alimentare il fuoco.
Più la fascia ardente si allargava, più si riduceva l'area che gli Urgali dovevano setacciare. All'improvviso, lo Spettro udì delle grida è uno strillo rauco: fra gli alberi, tre mostri caddero l'uno sull'altro, feriti a morte. Con la coda dell'occhio scorse l'elfa che fuggiva.
La dama correva verso lo sperone di granito a velocità sorprendente. Lo Spettro studiò il terreno venti piedi più in basso, poi saltò e atterrò agile davanti a lei. L'elfa sì arrestò di colpo, poi deviò per tornare sul sentiero. Dalla sua spada gocciolava nero sangue Urgali: macchiava la bisaccia che stringeva in pugno.
I mostri cornuti sbucarono dalla foresta e la circondarono, bloccandole ogni via di fuga. La dama si guardò intorno, frenetica, ma quando capì di non avere via di scampo, si ricompose con regale dignità. Lo Spettro le si avvicinò con la mano alzata, compiaciuto della sua impotenza. «Prendetela.»
Non appena gli Urgali fecero per avventarsi su di lei, la dama aprì la bisaccia, vi infilò la mano, poi la lasciò cadere a terra. Tra le. dita reggeva un grande zaffiro che rifletteva il bagliore violento degli incendi. Lo sollevò in alto e le sue labbra mormorarono in fretta poche parole. Disperato, lo Spettro latrò: «Garjzla!»
Un globo ardente guizzò dalla sua mano verso l'elfa, fulmineo come una saetta. Ma era troppo tardi. Un lampo di luce verde illuminò per un istante l'intera forestale la gemma scomparve. Poi il globo di fuoco colpì l'elfa, che cadde riversa al suolo.
Lo Spettro ululò di rabbia e scagliò la spada contro un albero. La lama penetrò per metà nel tronco, dove rimase conficcata, vibrando. Lo Spettro scagliò nove globi di energia che uccisero sul colpo gli Urgali, poi liberò la spada e si avvicinò all'elfa.Dalla sua gola sgorgò un fiotto di parole: profezie di vendetta, pronunciate in una lingua abietta che soltanto lui conosceva. Strinse i pugni e levò gli occhi al cielo. Le fredde stelle ricambiarono il suo sguardo, occhi indifferenti di .un altro mondo. Lo Spettro fece una smorfia di disgusto e abbassò lo sguardo sull'elfa priva di sensi. La sua bellezza, in grado di ammaliare qualsiasi mortale, non sortiva alcun effetto su di lui. Si accertò che la gemma fosse davvero scomparsa, poi recuperò la propria cavalcatura dal nascondiglio in mezzo agli alberi. Legò l'elfa sulla sella, montò in groppa a sua volta e si avviò per uscire dal bosco.
Spense gli incendi sul suo cammino, ma lasciò che tutto il resto venisse consumato dal fuoco.
IL RITROVAMENTO
E
ragon s'inginocchiò su un mucchio di canne calpestate e studiò le tracce con occhio esperto: i cervi dovevano essere passati non più di mezz'ora prima. Presto si sarebbero fermati per riposare. Il suo obiettivo, una giovane femmina vistosamente zoppa, era ancora col branco.
Strano che non fosse già caduta preda di un lupo o di un orso.