Читаем Il figlio del pifferaio полностью

Con fantastica rapidità — tre giorni più tardi — il signor McAfee si fermò di nuovo alla fattoria dei Ward. Controllò con un’occhiata la grossa busta che aveva nello zaino e il nome del mittente. Aveva scorto Jim Ward sulla veranda della fattoria e fece svoltare la Ford su per il sentiero. Lo sferragliare indusse Jim a girare la testa e a riscuotersi dal torpore senza pensieri in cui aveva tentato d’immergersi. Si tolse la pipa di bocca e seguì l’avvicinarsi della macchina.

«Ecco il tuo corso», urlò il signor McAfee. «Ecco le tue prime lezioni!»

«Quali lezioni?»

«Il corso per corrispondenza che avevi chiesto. L’energia… cos’era? Non ricordi?»

«No», disse Jim. «Me n’ero completamente scordato. Porta via quella roba, non la voglio. È stato soltanto uno stupido scherzo».

«Non dovresti sentirti così, Jim, dopotutto la tua gamba guarirà. Ho sentito il dottore che lo diceva all’emporio, ieri. E tutto andrà a posto. Non serve che ti lasci abbattere. Inoltre… io devo consegnare la posta».

Gettò la busta marrone sulla veranda accanto a Jim. «Te l’ho portata subito, perché pensavo che avessi una gran fretta di riceverla».

Jim sorrise per scusarsi. «Mi spiace, Mac. Non intendevo prendermela con te. Grazie per avermela portata. La studierò bene, e con la massima concentrazione, proprio qui, sulla veranda, subito stamattina».

L’espressione del signor McAfee si fece raggiante. Annui e si allontanò con la Ford sferragliante. Jim tornò a chiudere gli occhi, ma non riuscì a ritrovare la piacevole vacuità di poco prima. Ora, nella sua mente continuava a stagliarsi il cielo con gli aerei che volavano in cerchio e in picchiata, e il volto d’una ragazza che giaceva immobile e pallida, gli occhi chiusi.

Jim aprì gli occhi, le mani gli scivolarono giù dai fianchi e toccarono la busta. L’aprì, lacerandola, ed esaminò i fogli in essa contenuti. Era proprio il genere di roba che gli arrivava per posta da ragazzo. Scorse rapidamente i titoli dei capitoli e gettò da parte la prima lezione. C’era un sacco di roba ovvia, con esempi banali sui mulini ad acqua, le macchine a vapore e l’elettricità. Aveva tutto l’aspetto d’un tema tirato via da uno studente delle superiori sullo sviluppo dell’energia dai tempi di Archimede a oggi.

Le pagine ciclostilate erano realizzate in modo assai scadente. Pareva che le matrici fossero state battute su una macchina per scrivere i cui tasti fossero stati colpiti con un martello.

Gettò da parte anche la seconda lezione e lanciò un’occhiata sul primo foglio della terza. La sua mano si arrestò a mezz’aria nell’atto di buttar via anche questa lezione accanto alle prime due. Aveva intravisto, nel primo foglio e nei successivi, formule e calcoli.

Questa era roba a livello universitario. Il suo cervello lottò per richiamare a sé i primi elementi del calcolo integrale e delle equazioni a derivate parziali di cui da lungo tempo non si era più servito.

C’erano pagine e pagine di quella roba. Era come la luce di un faro, fioca e lontanissima, ma che indicava un percorso sicuro alla sua mente, e si faceva sempre più intensa man mano procedeva. Avanzò lungo i passi intricati dell’alta matematica, superandoli uno alla volta, assimilando i brevi paragrafi tra una formula e l’altra. Quando infine giunse all’ultima pagina e poté chiudere il grosso fascicolo, si accigliò: il sole era ormai disceso a metà nel cielo pomeridiano.

Jim fissò i campi lontani, e rifletté. Quella non era roba terra terra. Una matematica come quella non poteva far parte d’un corso per corrispondenza alla buona. Raccolse la grossa busta e si concentrò sul nome del mittente. Tutto quello che vi era scritto diceva: M.H. Quilcon Schools, Henderson, Iowa. E ogni lezione era firmata, in calce, con una riproduzione in ciclostile della vistosa firma «M.H. Quilcon».

Jim raccolse la prima lezione e cominciò a leggerla lentamente, con la massima attenzione, alla ricerca, quasi, di ciò che poteva trovarsi nascosto fra le righe, un qualche mistico messaggio.

Alla fine di luglio la sua gamba si era irrobustita quanto bastava a consentirgli di camminare senza bastone. Procedeva con lentezza, zoppicando, e di tanto in tanto la gamba cedeva come se il ginocchio non riuscisse a sostenere il peso. Ma Jim imparò presto a recuperar l’equilibrio prima di cadere, e si godette tutto il brivido di poter camminare di nuovo.

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